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«Archivio Multimediale degli Attori Italiani», Firenze, Firenze  University Press, 2012.
eISBN: 978-88-6655-234-5
© Firenze University Press 2012

Attore > teatro
NomeTristano
CognomeMartinelli
Data/luogo nascita07 aprile 1557 Marcaria (Mantova)
Data/luogo morte01 marzo 1630 Mantova
Nome/i d'arteArlecchino
Altri nomi
  
AutoreSiro Ferrone (data inserimento: 29/07/2009)
Tristano Martinelli
 

Sintesi | Famiglia| Interpretazioni/Stile| Testo completo

 

Biografia

La compagnia resta a Madrid almeno fino alla fine del 1588. Il 18 agosto di quell’anno Drusiano scrive alla madre Lucia una lunga lettera, grazie alla quale veniamo a conoscenza delle numerose sventure che in quel periodo affliggono la famiglia Martinelli. Il padre, Francesco, è morto da poco, la sorella Barbara si trova confinata, per volere delle autorità mantovane, nel perimetro del convento delle Convertite. La decisione è stata presa per porre rimedio al disonore di cui si sarebbero macchiate le due donne di famiglia: priva di adeguato sostentamento, con i due fratelli attori lontani e con l’altro, Rubiano, in carcere per motivi non del tutto chiari, è probabile che Barbara, con l’ausilio della stessa madre, si sia trovata costretta a vendere il proprio corpo. Drusiano invia alla madre un «susidio» di sessanta scudi per «subito cavar di prigione» Rubiano, unico maschio della famiglia in quel momento presente a Mantova. Il rientro in patria dei due attori non sembra essere imminente: nella stessa lettera Drusiano accenna a precedenti penali a carico dei Martinelli che costringono il gruppo a un esilio forzato dal ducato. La ripresa delle recite in Italia sembra possibile esclusivamente lontano dai territori ducali: «È vero ch’io scrivevo di andar a stare a Napoli, ma non potendo però stare in Mantova; ma avendo la grazia io voglio vivere e morire nella mia patria» (Drusiano Martinelli a Lucia Martinelli in Mantova, Madrid 18 agosto 1588, Mantova, Archivio di Stato, Autografi, b. 10, c. 132).

Nella lettera Drusiano appare come un capo clan, indiscusso capofamiglia. La star del gruppo è invece Tristano: nell’intestazione della stessa lettera Lucia Martinelli è chiamata «madre d’Arlechino», segno dell’immensa notorietà raggiunta dal comico. Non sappiamo con esattezza quando la compagnia sia tornata in Italia. Di certo, nei mesi e negli anni successivi al soggiorno spagnolo, le pendenze legali con il ducato mantovano si risolvono completamente. Nell’ottobre del 1591 ritroviamo la compagnia di Drusiano a Milano, impegnata per un ciclo di recite. Alle spalle del capocomico e della prima donna Angelica, un attore insospettabile, Gasparo Imperiale, sta preparando un atroce attentato. Convinto da un’altra attrice della compagnia, la mantovana Margherita Pavoli, una seconda innamorata probabilmente gelosa dei successi e della leadership di Angelica, Gasparo Imperiale ha ingaggiato un sicario che dovrà colpire e sfregiare sul palco il bel volto dell’Alberghini. Il delitto è tuttavia sventato grazie all’intervento di un altro comico in forza alla compagnia, l’innamorato Francesco Pilastri che, grazie ai suoi contatti con la malavita locale, mette Drusiano al corrente degli intenti criminali dei due traditori. Per smascherare Gasparo e Margherita, Drusiano mette in campo tutte le sue conoscenze più influenti, prima fra tutte quella del capitano Catrani, che grazie ai suoi poteri militari può aprire e controllare l’intera corrispondenza della Pavoli, dell’Imperiale e di un terzo attore, quel Carlo De Vecchi che probabilmente è nella compagnia dei Martinelli sin dalla tournée spagnola: «Far ordinare secretamente alla posta che tutte le lettere che vengono alla Malgarita [...] siano tute portate in mano di S. A. S., et letole e toltone copia, risanarle e darli recapito, a fine che le letere corino: perché o in una o nell’altra si scoprirà il vero» (Lettera di Drusiano Martinelli ad Alessandro Catrani in Mantova, Milano 27 ottobre 1591, in Alessandro D'Ancona, Origini del Teatro Italiano, Torino, Loescher, 1891, vol. II, pp. 506-507).

Anche se non nominato nella corrispondenza tra Drusiano e il capitano Catrani dell’ottobre del 1591, in compagnia è senza dubbio presente anche Tristano. L’anno successivo, tra la primavera e l’estate, Drusiano, Tristano e Angelica sono a Firenze. Non c’è notizia di altri attori, probabilmente le esibizioni presso la corte medicea si limitano a performances solitarie di Arlecchino. Il teatro infatti, durante il soggiorno fiorentino, non sembra essere la principale preoccupazione del clan dei Martinelli. Appoggiato dal solito Catrani, Drusiano si propone come inventore di misteriosi e «secreti» oggetti relativi alle armi da fuoco e all’artiglieria (Drusiano Martinelli a Vincenzo I Gonzaga, Mantova 23 agosto 1592, Mantova, Archivio di Stato, Autografi, b. 10, c. 138, in Alessandro D'Ancona, Origini del Teatro Italiano, Torino, Loescher, 1891, vol. II, p. 509).

Nel 1594 troviamo per la prima volta Tristano impegnato in una formazione diversa da quella diretta dal fratello. È la compagnia degli Uniti, direttamente protetta dai Gonzaga. Come suggerito dal nome stesso della troupe, si tratta con ogni probabilità del risultato di una fusione tra gruppi preesistenti voluta dalla corte mantovana. Accanto ad Arlecchino sono presenti alcuni tra i più celebri comici del tempo: il Pedrolino Giovanni Pellesini, Vittoria Pissimi, Valentino Cortesei, Girolamo Salimbeni, Rinaldo Petignoni, Gabriele Panzanini e alcuni vecchi compagni d’arte di Tristano, Carlo De Vecchi e Francesco Pilastri. I comici al completo il 26 marzo del 1594 sottoscrivono una supplica in cui chiedono l’utilizzo del Teatrino di Baldracca per la successiva stagione invernale. Nello stesso documento si accenna anche a una possibile partecipazione di Isabella Andreini: «Il Proved[itor]e di Doana informi et intendere anchora et referire se l’Isabella Andreini vuole unirsi et essere obligata a questa Compagnia» (Supplica dei Comici Uniti a Ferdinando de’ Medici, 26 marzo 1594, Firenze, Archivio di Stato, Dogana, filza 223, supplica n. 318).

Ma nel dicembre del 1595 Arlecchino lascia improvvisamente la compagnia per passare ai Desiosi, formazione diretta dalla prima donna Diana Ponti: «se mi son partito dalla compagnia di Pedrolino io ne ò auto mille ocasioni, perché voglieno esere patroni et non compagni, et io, non esendo uso a servire, mi pareva che mi facesero torto, et per questo et per altre cose io mi son partito» (Tristano Martinelli a un segretario ducale in Mantova, Cremona 4 dicembre 1595, Mantova, Archivio di Stato, Gonzaga, b. 1717, 1 c.n.n., in Comici dell’Arte. Corrispondenze, cit., I, pp. 355-356). È soltanto il primo di una lunga serie di bruschi abbandoni e repentini cambi di compagnia che caratterizzeranno gran parte della carriera del Martinelli, dandogli fama di individualista inaffidabile, di buffone all’antica poco adeguato alle drammaturgie del nuovo secolo. Ma allo stesso tempo, grazie a questo atteggiamento, Tristano riesce a sbalzare il proprio talento al di sopra dei collettivi, a mettersi in diretta concorrenza con i capocomici riconosciuti e a garantirsi assoluta libertà di movimento e iniziativa, a prescindere da qualsiasi esigenza di gruppo.

 
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