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La redazione è a disposizione dei titolari di eventuali diritti d'autore per discutere i riconoscimenti del caso.

 

 


 

«Archivio Multimediale degli Attori Italiani», Firenze, Firenze  University Press, 2012.
eISBN: 978-88-6655-234-5
© Firenze University Press 2012

Attore > teatro
NomeTristano
CognomeMartinelli
Data/luogo nascita07 aprile 1557 Marcaria (Mantova)
Data/luogo morte01 marzo 1630 Mantova
Nome/i d'arteArlecchino
Altri nomi
  
AutoreSiro Ferrone (data inserimento: 29/07/2009)
Tristano Martinelli
 

Sintesi | Famiglia| Interpretazioni/Stile| Testo completo

 

Biografia

Assieme a Diana Ponti, in una compagnia che sul finire del secolo prende il nome di Accesi, Arlecchino resta forse fino al 1598, quando per volere del duca torna nella compagnia di Drusiano. In quello stesso anno i due fratelli si ritrovano di nuovo al centro di scandali e diffamazioni. Ad accusare i Martinelli stavolta è il commissario Catrani, da  anni amante di Angelica, da cui ha avuto un figlio che ha allevato completamente a sue spese e che da tempo la donna ha preso l’abitudine di andare a trovare passando la notte con lui e con il commissario. Dalla situazione Drusiano avrebbe ricavato non pochi vantaggi, vitto, alloggio e l’uso a proprio piacimento di ogni bene di proprietà del Catrani, privilegi che il commissario non è più disposto a tollerare: «Drusiano sempre ha saputo che ho tenuto detto figlio per tale, né mai ha detto nulla, ma ora vinto dal sdegno, come di sopra, sapendo quanto io amo detto figlio, dice che vol suplicar Sua Altezza a farglene restituir, di che l’Altezza Sua, come informata prima che ora, son sicuro averà risguardo a l’occorentie del mondo» (Alessandro Catrani ad Annibale Chieppio in Mantova, Mantova 29 aprile 1598, Mantova, Archivio di Stato, Gonzaga, b. 2674, 2 cc.n.nn.). L’intervento di Arlecchino, che il commissario accomuna a Drusiano nelle accuse, evita che lo scandalo matrimoniale si trasformi in cronaca nera. Il 2 maggio di quello stesso anno Tristano scrive in tono perentorio a Vincenzo Gonzaga, barattando la propria adesione alla compagnia ducale con la garanzia di una protezione sicura, e facendo pesare la contemporanea offerta di una prestigiosa scrittura da parte del granduca mediceo: «La saperà come che io son obligato per scritura di andare a Fiorenza al suo tempo, et il serenissimo granduca à volsiuto che tuti si sottoscriviamo. Qui il signor duca anco lui à volsiuto che ci prometiamo per questo carnevale, et quello che a me inporta più, li fo sapere che venendo io a Manto[va] vengo in gran pericolo della vitta mia: dove averei ad esere più sicuro son manco sicuro, et se Vostra Altezza non ci mete la mano in dar ordine al capitano Alesandro, et a un altro che li dirò poi a boca, che mi lasano stare me et mio fratello, che no ne perseguitano più come àno fato per il pasato» (Tristano Martinelli a Vincenzo I Gonzaga in Mantova, Modena 2 maggio 1598, Mantova, Archivio di Stato, Gonzaga, b. 1294, 1 c.n.n., in Comici dell’Arte. Corrispondenze, cit., I, pp. 360-361).

Oltre ad esserne da anni la star indiscussa, da questo momento in poi Tristano prende il posto del fratello come punto di riferimento della ditta familiare. Ma il vero successo in patria di Arlecchino è datato 1599. Il 29 aprile di quell’anno egli ottiene da Vincenzo I la nomina a sovrintendente dei comici e ciarlatani per tutti i territori gonzagheschi; l’ufficio verrà confermato da Francesco IV e Ferdinando I e sarà infine trasmesso ai suoi eredi. Il decreto di tutto riconosce prima di tutto la competenza di Tristano in materia, in quanto dispone di tutte le informazioni «di tutti li comici mercenarii, zaratani, cantinbanco, bagattiglieri, postiggiatori» (Martinelli Tristanus. Electio in superiorem comicorum et circulatorum, 29 aprile 1599, Mantova, Archivio di Stato, Decreti, libro 52, cc. 144v-145r, in Siro Ferrone, Attori mercanti corsari, Torino, Einaudi, 1993, pp. 323-324). Il riconoscimento, oltre agli indiscutibili vantaggi economici (riscossione di una tassa per ogni spettacolo allestito sul territorio e uno stipendio fisso percepito anche nei momenti di inattività scenica), è per Arlecchino il segno dell’indiscutibile fama ormai raggiunta, pari, se non superiore, a quella dei più importanti attori del tempo.

Quindici anni dopo gli straordinari, e in parte inattesi, successi parigini, la presenza di Arlecchino è richiesta alla corte di Francia per volere dello stesso re Enrico IV, che dopo aver posto fine alle sanguinose guerre di religione si apprestava a celebrare la pace raggiunta sposando la cattolica Maria de’ Medici: «Arlechin, essendo venuto la famma vostra sino a me, et della bona Compagnia de’ Comedianti che voi avete in Italia, io ho desiderato di farvi passare li monti, e tirarvi in questo mio Regno» (Enrico IV di Borbone a Tristano Martinelli in Mantova, Parigi 21 dicembre 1599, Firenze, Archivio di Stato, Mediceo, f. 896, c. 300). La compagnia, che prende il nome di Accesi, si compone reclutando i più importanti attori gravitanti attorno al ducato gonzaghesco: accanto ad Arlecchino troviamo Giovanni Pellesini, Diana Ponti, Pier Maria Cecchini, Silvio Fiorillo, Flaminio Scala, Marc’Antonio Romagnesi  e Orsola Posmoni. Con loro vanno in Francia anche Giovan Battista Austoni, in qualità di «portinaro», e Drusiano Martinelli, addetto all’organizzazione.

Nonostante la compagnia sia pronta già ai primi di aprile del 1600, la partenza non è immediata. A causa del rinvio delle nozze, la truppa si mette in cammino soltanto all’inizio dell’estate, raggiungendo Lione, dove li attende Enrico IV, alla fine di luglio, dopo una sosta forzata presso la corte sabauda. Gli attori recitano davanti al re fino al 12 agosto, quando Enrico IV è costretto ad abbandonare la città per sedare nuove scaramucce di guerra. I comici, rimasti orfani del principale protettore e impossibilitati a rientrare in patria, s’ingegnano di procurarsi la benevolenza dei nobili più vicini al sovrano. La strategia migliore, come al solito, sembra essere quella della stampa. Nel quartiere lionese chiamato «le bout du monde» opera una fiorente industria tipografica, comprendete anche artigiani italiani. Presso lo stampatore Roussin Flaminio Scala pubblica la commedia Il Postumio, mentre Pier Maria Cecchini il trattato Sopra l’arte comica. Arlecchino sceglie un’altra strada: manda alle stampe le celeberrime Compositions de Rhétorique, un geniale non-libro dedicato direttamente ai sovrani e costituito per lo più da pagine bianche e poche immagini, nel quale il comico offre esclusivamente la sua maschera, più famosa di qualsiasi commedia o trattato.

Le nozze tra Enrico IV e Maria de’ Medici hanno luogo il 17 dicembre del 1600, Tristano resta in Francia fino alla primavera successiva. Poi, da solo, smanioso di tornare a occuparsi dei suoi affari in patria, abbandona la compagnia alla direzione di Frittellino, che resterà in Francia fino all’autunno. Gli anni successivi alla colossale kermesse francese sono poveri di notizie strettamente teatrali. Tristano, stanco del palcoscenico, riversa tutte le sue energie nell’amministrazione dei beni fin qui accumulati. Soltanto una volta, tra il 1601 e il 1608, scopriamo Arlecchino lontano da Mantova. Per oltre cinque mesi, tra la fine di settembre del 1605 e il marzo del 1606, è costretto da superiori ragioni di stato, le nozze di Francesco Gonzaga e Margherita di Savoia, a recitare a Torino con la compagnia degli Accesi. Con lui sono presenti in formazione Pier Maria Cecchini, Orsola Posmoni, Girolamo Garavini, Margherita Luciani e  una non meglio identificata Ricciolina. Terminata la tournée Tristano si rifugia di nuovo a Mantova da dove, stanco e flagellato da «una lunga et fastidiosa infermità» (Vincenzo I Gonzaga a Maria de’ Medici in Parigi, Mantova 11 novembre 1606, Mantova, Archivio di Stato, Gonzaga, b. 1168, 1 c.n.n.) respinge con fermezza per tutto il 1607 le ripetute lusinghe di Maria de’ Medici che lo vorrebbe ancora in Francia. Alla fine viene sostituito dallo zanni Aniello Di Mauro, mentre il comando della spedizione è affidato a Pier Maria Cecchini.

 
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