Home   Site Map    
User
Password

Immagini, video e audio contenuti nella presente pubblicazione sono degradati a norma del comma 1 bis dell’art. 70 lg. 633/1341 introdotta dal D.L. approvato il 21/12/2007, in attesa del decreto attuativo.

La redazione è a disposizione dei titolari di eventuali diritti d'autore per discutere i riconoscimenti del caso.

 

 


 

«Archivio Multimediale degli Attori Italiani», Firenze, Firenze  University Press, 2012.
eISBN: 978-88-6655-234-5
© Firenze University Press 2012

Attore > cinema, teatro, televisione
NomeValentina
CognomeCortese
Data/luogo nascita01 gennaio 1923 Milano
Data/luogo morte10 luglio 2019
Nome/i d'arteValentina Cortese
Altri nomiCortesa, Valentina (nome anagrafico)
  
AutoreGiulia Tellini (data inserimento 22/05/2009)
Valentina Cortese
 

Sintesi | Famiglia| Formazione| Interpretazioni/Stile| Testo completo

 

Biografia

Nata a Milano il 1° gennaio del 1923, trascorre tuttavia la sua infanzia in campagna: un ambiente, quello rurale, cui sarà sempre molto attaccata. Non a caso è destinata a diventare una delle attrici italiane più dotate di uno spirito arcadico, poetico e floreale. «Sono cresciuta in campagna, - dirà nel 1973 - a contatto con la natura» e «a ogni personaggio che ho interpretato ho dedicato un fiore» (Costanzo Costantini, Valentina Cortese, in id., Le regine del cinema, Roma, Gremese, 1997, p. 52).

Fin da bambina è appassionata di teatro e attratta dal palcoscenico. Non ritenendosi, inoltre, abbastanza bella né affascinante per affrontare una carriera nel mondo del cinema, a quindici anni va a Roma per entrare nell’Accademia d’Arte Drammatica: «io non avevo mai pensato di fare l’attrice cinematografica, - dirà in una intervista - non so, forse lo pensavo molto segretamente dentro di me. Noi ragazzine andavamo a vedere la Garbo, la Marlene Dietrich e poi tornavamo a casa, ci mettevamo davanti allo specchio a imitare le divine di allora. E naturalmente tutte noi sognavamo di diventare attrici di cinema» (Francesco Savio, Cinecittà anni Trenta, Roma, Bulzoni, 1979, 2 voll. / I, p. 373).

All’Accademia, tuttavia, i corsi sono già cominciati da quattro o cinque mesi, ma Silvio D’Amico la vede, le parla e le fa un’audizione. Gli «ho recitato le cose più impensate», ricorderà: «addirittura, non so, una scena di Margherita Gautier, proprio perché avevo visto la Garbo nella Signora dalle camelie e avevo trovato in casa questo vecchio libro, era di mia madre. L’avevo trovato in un baule, [...] tutto stracciato e segnato, scarabocchiato, e mi ricordo che tornavo da scuola, mi chiudevo in stanza e mi scioglievo i capelli davanti allo specchio e recitavo queste battute. Non so: “Armando, dammi la tua mano, ti assicuro che non è così terribile questo ultimo passo quando si è felici”. E così recitavo Dumas. Per D’Amico ho recitato un brano della Signora dalle camelie, poi Scampolo, le solite cose, e poi una cosa di Giulietta e Romeo. Credo tutto malissimo, però con un tale entusiasmo che D’Amico d’evesserne stato colpito e mi ha detto: “Guardi, io le faccio risparmiare un anno. Lei ha veramente del talento, si prepari su queste materie e ritorni l’anno prossimo”» (ibidem).

Prima di partire da Roma, si reca però a visitare Cinecittà e in un teatro di posa incontra Guido Salvini, da lei conosciuto l’estate precedente a Stresa, dove era in villeggiatura con la nonna. Dato che in quel periodo di vacanza, aveva organizzato, diretto e interpretato quattro spettacoli (tra cui Scampolo e La maestrina di Dario Niccodemi) il cui ricavato era servito a finanziare dei pacchi-dono per i soldati, Salvini la riconosce e le offre subito un ruolo nel suo film Orizzonte dipinto (1941), ambientato nel mondo del teatro e recitato da attori di teatro. Il ruolo che le affidano, e per cui da tempo stanno cercando una ragazzina adatta, è quello della nipote di Ermete Zacconi, ovvero, in pratica, di una bambina: «avevo tutti i boccoli, una cuffietta», dirà l’attrice (ivi, p. 374). «Quella fu la mia entrata nel cinema, insomma. [...] Mi misero dei fiori in mano, mi diedero delle battute da imparare e con grande disinvoltura, con faccia tosta, entrai sul set a recitare il mio ruolo. È stato per me una cosa naturalissima, come se avessi sempre fatto quel mestiere. Mi ricordo che non provai nessuna paura. Io ero soltanto estremamente felice, molto incosciente probabilmente, ma molto felice. Ricordo benissimo la scena. Sedevo sulle ginocchia del grande Zacconi, abbracciandolo, dicendogli delle parole affettuosissime, come il testo richiedeva, con grande verità e disinvoltura. Senza provare disagio, trovandomi dopo tutto di fronte al più grande attore di quell’epoca. [...] tutto era molto facile per me, tutto era molto naturale, era come se mi trovassi nel mio ambiente. Ero molto felice, pazza di gioia. Da allora il cinema mi aperse le porte e tutto mi venne incontro con estrema facilità. Quando è uscito poi il film, i produttori mi scoprirono e mi offrirono diverse cose, due o tre società cinematografiche mi avevano offerto dei contratti e io mi ricordo che li firmai tutti. Naturalmente creando dei grandi pasticci che poi si mettevano a posto perché io ero minorenne e quindi irresponsabile» (ibidem).

In questi anni, inoltre, sul grande schermo, sono di moda le minorenni, le “ragazzine in gamba” (ibidem) che popolano i film dei “telefoni bianchi” ambientati nei collegi o negli istituti superiori: ed ecco, allora, giovanissime attrici come Deanna Durbin, Alida Valli, Carla Del Poggio, Iraselma Dilian e Adriana Benetti. Poco dopo l’uscita di Orizzonte dipinto, il regista Carlo Campogalliani la chiama per recitare nel suo prossimo film, Il Bravo di Venezia (1941), al fianco di una delle più belle, formose e famose attrici cinematografiche dell’epoca, Paola Barbara. Era «bellissima, sexy. - racconterà la Cortese - Perché allora le ragazzine dovevano essere ragazzine, ma le donne dovevano essere molto sexy»: «poi mi sono andata a vedere al cinema. Passavo per Novara e vedo annunciato Il Bravo di Venezia e allora avevo il coraggio di andarmi a vedere. Mi sono vista e mi sono fischiata come una pazza. E i miei amici dicevano “ma sei matta?!?”. No, no, mi fischio perché mi detesto. [...] Mi odiavo, non so. Mi vedevo così ridicola» (ibidem).

 
( 1 )   2   3   4   5   6   Successiva >>
Progettazione tecnica a cura di