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«Archivio Multimediale degli Attori Italiani», Firenze, Firenze  University Press, 2012.
eISBN: 978-88-6655-234-5
© Firenze University Press 2012

Attore > cinema, teatro, televisione
NomeValentina
CognomeCortese
Data/luogo nascita01 gennaio 1923 Milano
Data/luogo morte10 luglio 2019
Nome/i d'arteValentina Cortese
Altri nomiCortesa, Valentina (nome anagrafico)
  
AutoreGiulia Tellini (data inserimento 22/05/2009)
Valentina Cortese
 

Sintesi | Famiglia| Formazione| Interpretazioni/Stile| Testo completo

 

Biografia

Non interrompe completamente, tuttavia, negli anni Sessanta e inizio Settanta, l’attività nel cinema e comincia, anzi, a dedicarsi anche alla televisione. Fra le altre cose, prende parte ai Grandi camaleonti (1964), sceneggiato in otto puntate diretto da Edmo Fenoglio e tratto da un romanzo di Federico Zardi, e ai Buddembrook (1971), sceneggiato in sette puntate, diretto sempre da Fenoglio e tratto dal romanzo di Thomas Mann. Per quanto riguarda il teatro, oltre che da Strehler, viene diretta anche da altri registi: per la regia di Patrice Chéreau, per esempio, al fianco di Renzo Ricci e Alida Valli, è la protagonista della Lulu di Frank Wedekind (Milano, Piccolo, 3 febbraio 1972) mentre, per la regia di Luchino Visconti, al fianco di Adriana Asti e Umberto Orsini, è Anna in Tanto tempo fa di Harold Pinter (Roma, Teatro Argentina, 3 maggio 1973). 

Sul grande schermo, fra le altre cose, compare in The Legend od Lylah Clare (in italiano Quando muore una stella), del 1968, per la regia di Robert Aldrich, in Toh, è morta la nonna! (1969) di Mario Monicelli, nell’Iguana dalla lingua di fuoco (1971) di Riccardo Freda, in Imputazione di omicidio per uno studente (1972) di Mauro Bolognini, in Fratello Sole, Sorella Luna (1972) di Franco Zeffirelli, in The assassination of Trotsky (1972) di Joseph Losey e, soprattutto, nel 1973, nella Nuit américaine (Effetto notte) di François Truffaut, dove, per la sua interpretazione della matura attrice Séverine, parte cucita su misura per lei, nel 1974 viene nominata all’Oscar come migliore attrice non protagonista. A proposito della sua collaborazione con Truffaut, racconterà: «mi vide in una lunga intervista televisiva in cui parlavo in francese e spagnolo, raccontavo di Fellini che cambiava le battute ogni giorno, e alla fine ci diceva di recitare dei numeri e le parole sarebbero venute dopo. Credo che gli piacque molto quell’aneddoto [...]. Quando mi arrivò il copione di Effetto notte mi preoccupai. Accanto al nome della mia protagonista, Severine, non c’erano dialoghi. Così andai molto ansiosa da lui nella casa che aveva preso in affitto ad Antibes, ero tesa anche perché il francese non era la mia lingua madre. Gli chiesi perché non avevo dialoghi, perché non c’era niente di scritto. E lui, serafico: non ti preoccupare, mi disse, andrà tutto bene. E così andò, alla fine improvvisammo e il risultato fu fantastico» (Caterina Pasolini, “Allegro e amorevole ecco il mio François”, in «La repubblica», 25 novembre 2004, p. 15).

Finita, all’inizio degli anni Settanta, la relazione con Strehler, la Cortese attraversa un grave periodo di crisi. Umana, sentimentale, professionale e anche economica: «io sono povera, non ho mai dato molta importanza al denaro - dice, per esempio, nel 1973, in una intervista - a Milano vivo in affitto, quando sono a Roma vado a vivere da Franco Zeffirelli, ora mi sono comprata una piccola casa a Venezia ma perché lì non ci sono le macchine [...]. Se un giorno non avrò più i soldi per mangiare andrò nelle mense popolari, nei dormitori pubblici? finirò su una panchina? io mi chiedo sempre: «perché gli altri sì e io no? Gli altri non sono esseri umani come me? A loro è andata male, potrà andare male anche a me». Ci sono molto vicina alla panchina? Spero almeno che ci sia un po’ di sole e che possa vedere passare le navi che vanno alla Giudecca, sotto i cieli azzurri?» (Costanzo Costantini, Valentina Cortese, cit., p. 52).

Nel 1974, Strehler le offre di farsi dirigere nuovamente da lui e di essere Liuba nel suo allestimento del Giardino dei ciliegi di Anton Čechov: accetta ma le prove dello spettacolo non sono per lei altro che una sofferenza: «andavo alle prove e poi in clinica per tirarmi su», racconterà anni dopo (Anna Bandettini, Valentina Cortese, l’ultima diva. Io e Visconti offesi da Pinter, cit.). Alla fine della lavorazione, Strehler le manda una lettera. «Eccoci arrivati alla fine del Giardino. Il nostro lavoro finisce qui. Tristemente come finiscono tutti i lavori di teatro ma forse più questa volta. C’è un male dentro di me così profondo, così scuro da non riuscire a definirlo. E in te, certo, c’è anche di più [...]. Non credere che io non sappia “cosa” ti è costato questo Giardino. La maggior parte di questo sapore amaro che ho sulle labbra nasce dal sentimento preciso di averti fatto del male non volendolo. Io ho fatto il Giardino non per me ma per te, perché ero convinto che questo spettacolo, pur nelle condizioni terribili in cui è nato, pur nella lacerazione inevitabile, sarebbe stato come la sublimazione di un nostro dolore, mio come tuo o più tuo che mio, sarebbe stato una specie di lancinante raggio di luce nel tuo male, sarebbe stata la possibilità di darti la parte migliore di me, a te e a te sola come a nessuno! Mi sono accorto invece, da subito, che così non poteva essere: il prezzo ti era troppo alto [...]. Oggi sono quasi sicuro che non dovevo fare questo Giardino. Né per me né per te. Sono sicuro che tu avevi ragione. Che non bisognava sottoporti a questo dolore quotidiano, quotidianamente rinnovato, in quel palcoscenico, tra quei muri, in quel “luogo”? Avevi ragione e io sono stato involontariamente mostruoso e crudele. Ma non volevo [...]. Ti prego solo di perdonarmi perché ciò che è avvenuto è avvenuto in purità di cuore e non per incoscienza. Per errore, niente altro» (Giorgio Strehler, Lettera a Valentina Cortese, 1974, in Archivio Multimediale del Piccolo Teatro di Milano).  

Nella seconda metà degli anni Settanta, l’attrice, che lo perdonerà ma non prenderà mai più parte a nessun suo nuovo allestimento, si dedica al cinema e un po’ alla televisione: eccola, fra l’altro, in Amore mio non farmi male (1974) di Vittorio Sindoni, nel Bacio (1974) di Mario Lanfranchi su sceneggiatura di Pupi Avati, in Son tornate a fiorire le rose (1975) ancora per la regia di Sindoni, nel Cav. Costante Nicosia demoniaco, ovvero: Dracula in Brianza (1975) di Lucio Fulci e con Lando Buzzanca, nella Città sconvolta: caccia spietata ai rapitori (1975) di Fernando Di Leo, nel Gesù di Nazareth (1977), miniserie tv diretta da Franco Zeffirelli, dove interpreta Erodiade, e infine nell’edizione televisiva della commedia musicale La granduchessa e i camerieri (1977), dove, per la regia di Gino Landi, recita al fianco di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia. 

 
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