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La redazione è a disposizione dei titolari di eventuali diritti d'autore per discutere i riconoscimenti del caso.

 

 


 

«Archivio Multimediale degli Attori Italiani», Firenze, Firenze  University Press, 2012.
eISBN: 978-88-6655-234-5
© Firenze University Press 2012

Attore > cinema, teatro, televisione
NomeValentina
CognomeCortese
Data/luogo nascita01 gennaio 1923 Milano
Data/luogo morte10 luglio 2019
Nome/i d'arteValentina Cortese
Altri nomiCortesa, Valentina (nome anagrafico)
  
AutoreGiulia Tellini (data inserimento 22/05/2009)
Valentina Cortese
 

Sintesi | Biografia| Famiglia| Formazione| Testo completo

 

Interpretazioni/Stile

Nei panni di Liuba, rappresentante dell’alta borghesia russa che, tornata dopo anni nella casa di campagna dove è nata, deve assisterne alla messa all’asta e arrendersi anche all’abbattimento degli alberi di ciliegio che la circondano, la Cortese assume su di sé il significato più profondo del Giardino e lo esprime «altamente nei molti momenti felici, anche se ogni tanto cede a un’ombra di manierismo (che forse è, visto criticamente, anche il manierismo che si è voluto attribuire a questa figura)» (Roberto De Monticelli, Alla ricerca del Giardino perduto, in «Il corriere della sera», 23 maggio 1974). Liuba non pensa al tempo che scorre e vede invecchiati tutti tranne se stessa, scrive Strehler nei suoi appunti di regia: «è una di quelle donne incredibili che sembrano ferme con gli occhi spalancati, sulla voragine degli anni, immutabili come bambole di porcellana di cui il tempo si limita a scalfirne appena appena lo smalto» (Giorgio Strehler, Appunti di regia Il giardino dei ciliegi 1974, in Archivio Multimediale del Piccolo Teatro di Milano). Una «nostalgia dell’infanzia perduta e anche di un’innocenza perduta» - continua - «fanno di lei ancora una volta, come sempre, la verità umana e il simbolo delle nostre misteriose proiezioni nel mondo ancestrale, fino a quell’utero caldo e silenzioso materno che ci ha protetti un tempo e di cui, come essere vivi, sentiremo sempre la nostalgia profonda» (ivi). E così, Valentina Cortese tiene la sua Liuba, «impastata d’infanzia», in bilico «fra la frivolezza e le lacrime. Scompiglia i fulvi capelli, si comprime le guance, con umida voce rammaricandosi, e di punto in bianco prorompe in risate e moine, in un trottolio varieggiante» (Angelo Maria Ripellino, Cecov coperto di gesso, in «L’Espresso», 9 giugno 1974).

La seconda metà degli anni Settanta la vede passare da un film di genere all’altro, alle prese sia con ruoli comici dove dà prova di una grande autoironia (nel Cav. Costante Nicosia demoniaco, ovvero: Dracula in Brianza di Lucio Fulci, per esempio, è una dannunziana e logorroica ninfomane della nobilità milanese “vittima” insoddisfatta dell’assalto del “genio della notte” Lando Buzzanca) che con ruoli drammatici (come nella Città sconvolta: caccia spietata ai rapitori di Fernando Di Leo). Nel 1980 si sposa con l’industriale Carlo De Angeli e lascia la professione: non rinuncia tuttavia ad apparire occasionalmente sia sulle scene (per esempio, nel 1983, nella Maria Stuarda di Friedrich Schiller per la regia di Franco Zeffirelli) che sul grande schermo (nel 1989, è la Regina della Luna nelle Avventure del barone di Münchausen di Terry Gilliam).  

 
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