Nel 1943, arriva l’8 settembre e l’armistizio: le troupes cinematografiche si sciolgono e quasi tutti i set dei film in lavorazione vengono abbandonati. Anche la Cortese, che sta iniziando a girare una nuova pellicola, si trova in balìa di questa situazione e, un po’ perché costretta, un po’ anche perché insoddisfatta dei ruoli da “ingenua” che si vede sempre attribuire dai registi, abbandona il cinema e per qualche tempo lavora in teatro. Eccola, quindi, non solo scritturata in una compagnia creata per allestire solo uno o due spettacoli (ovvero quella costituita da Alessandro Blasetti per mettere in scena le commedie Il tempo e la famiglia Conway di John Boynton Priestley e Ma non è una cosa seria di Luigi Pirandello), ma anche attrice giovane di una vera e propria formazione primaria, la Pagnani-Ninchi-Brazzi.
Nell’aprile del 1945, nella sua recensione del Tempo e la famiglia Conway, Silvio D’Amico, alla fine, parlando degli interpreti, nota che la «quasi esordiente» Valentina Cortese ha «una prestanza così balda da non sfigurare accanto alla bravura» di esperti come Vittorio De Sica, Anna Proclemer e Roldano Lupi (Silvio D’Amico, «Il tempo e la famiglia Conway» di Priestley al Teatro delle Arti, in «Radio Roma», 18 aprile 1945). Un anno più tardi, nella primavera del 1946, per la regia di Orazio Costa, fra le altre cose, recita in Amarsi male di François Mauriac e, sul «Corriere della sera», Renato Simoni scrive che l’attrice «ha provato ancora una volta le sue ricche possibilità, sottolineando forse troppo ogni parola della sua parte, ma sempre con intelligenza e con fresca animazione» (Renato Simoni, Amarsi male, in «Il corriere della sera», 21 aprile 1946).
Nel 1946, a guerra ormai terminata, torna al cinema e Marcello Pagliero le offre una parte per lei inedita nel suo Roma città libera (La notte porta consiglio), un film che si svolge nel giro di una nottata: al fianco di Nando Bruno («il ladro») e Andrea Checchi («il giovane»), la Cortese è «la ragazza», ovvero una povera e onesta dattilografa che, pur tentata per tutta la notte dai soldi che la prostituzione può garantirle, e sempre sul punto di cedere, non cede mai, si conserva pura fino alla fine e, all’alba, si fidanza col «giovane». L’attrice, che per la prima volta si vede sullo schermo e si piace, dà al suo personaggio, che è un disperato groviglio di solitudine, dignità e timidezza, una grazia e una serietà particolari, e riesce a disimpegnarsi con un certo mestiere anche in una scena di ubriacatura.
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