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La redazione è a disposizione dei titolari di eventuali diritti d'autore per discutere i riconoscimenti del caso.

 

 


 

«Archivio Multimediale degli Attori Italiani», Firenze, Firenze  University Press, 2012.
eISBN: 978-88-6655-234-5
© Firenze University Press 2012

Attore > cinema, teatro, televisione, radio
NomeFranca
CognomeValeri
Data/luogo nascita31 luglio 1920 Milano
Data/luogo morte09 agosto 2020 Roma
Nome/i d'arteFranca Valeri
Altri nomiNorsa, Franca (nome anagrafico)
  
AutoreEmanuela Agostini (data inserimento: 29/05/2009)
Franca Valeri
 

Sintesi | Biografia| Formazione| Interpretazioni/Stile| Scritti/Opere|

 

Sintesi

Attrice, autrice, sceneggiatrice e regista, pioniera della comicità femminile, Franca Valeri passa con inalterata fortuna dal teatro al cinema, dalla radio alla televisione fino alla regia di opere liriche.


Biografia

Franca Maria Norsa nasce a Milano nel 1920 in una famiglia di origine ebrea appartenente all’alta borghesia lombarda (un articolo apparso sul quotidiano «La Stampa» il 29 agosto 2007 smentisce che il nome anagrafico dell’attrice sia Alma Franca come riportato in molte biografie). Fin da piccola è appassionata frequentatrice del Teatro alla Scala (dove la famiglia ha un palco) e  del Teatro dei Filodrammatici (di cui il padre aveva ereditato la tessera di socio fondatore poi trasmessa alla figlia). Negli anni della sua giovinezza la sua famiglia è vittima delle discriminazioni imposte dalle leggi razziali: il padre e il fratello si rifugiano in Svizzera, lei stessa è costretta ad abbandonare la scuola.

La Liberazione è la fine di un incubo e la giovane Franca Norsa può iniziare a costruire il suo futuro. La simpatia che aveva sempre suscitato fin da bambina con imitazioni e caricature femminili fa nascere in lei il desiderio di intraprendere la carriera teatrale. Terminati gli studi classici al Liceo Parini, partecipa alle selezioni dell’Accademia d’Arte drammatica di Roma, ma non è accettata. Il trasferimento nella capitale, dove l’attrice resta per studiare per un breve periodo presso la scuola di Pietro Sharoff, le permette però di entrare in contatto con Vittorio Caprioli, Alberto Bonucci e Luciano Salce (con cui in seguito avrebbe avviato una fortunata collaborazione) e di conoscere molte altre personalità di giovani attori che sarebbero divenuti i protagonisti della vita teatrale italiana dei decenni successivi. Tra le esperienze romane si segnala in particolare la frequentazione come spettatrice del Teatro Arlecchino, locale nel quale alcuni degli studenti iscritti all’accademia si esibiscono per guadagnare qualche “lira” in sketches apparentemente improvvisati di impronta cabarettistica.

Tornata a Milano affatto scoraggiata dall'esclusione dall'accademia romana, Franca Norsa si iscrive alla Facoltà di Lettere e debutta in teatro nel maggio 1947 con un dramma corale, Lea Lebowitz di Alessandro Fersen, che si rifà alla tradizione del teatro ebraico. Stretta amicizia con il giovane e ancora sconosciuto Giovanni Testori assume la parte della protagonista di Caterina di Dio che, diretto da Enrico d’Alessandro, debutta il 10 gennaio 1948 presso il Teatro della Basilica di Milano. Nel 1948-1949 ottiene una scrittura in una compagnia di prestigio, la Tofano-Solari, con cui interpreta Bonaventura veterinario per forza di Sto (nella parte del bassotto) e Angelo e il commendatore di Giovanni Mosca (nei panni della segretaria). Nel 1949-1950 passa al Piccolo Teatro di Milano ed è diretta da Giorgio Strehler in Questa sera si recita a soggetto e in La parigina di Henry Becque nella parte di Adele. In questa formazione ritrova alcuni dei giovani attori provenienti dall’Accademia d’Arte drammatica che aveva conosciuto pochi anni prima tra cui Alberto Bonucci, Luciano Mondolfo, Flaminio Bollini, Vittorio Caprioli e Luciano Salce.

La grande popolarità di Franca Valeri (che assume questo nome d’arte negli anni Cinquanta in omaggio al poeta Paul Valéry) arriva grazie alla radio tra il 1949 e il 1950. Vittorio Caprioli l’avrebbe introdotta alla RAI poco prima di partire per Parigi, città nella quale, dopo aver effettuato le repliche del Corvo di Carlo Gozzi con la Compagnia del Piccolo Teatro di Milano, si sarebbe trattenuto con Bonucci e Salce recitando nel cabaret La Rose Rouge. I monologhi femminili di Franca Valeri alla radio riscuotono un immediato successo. A suscitare una particolare simpatia negli ascoltatori è soprattutto il personaggio della Signorina Snob, con cui Franca Valeri prende in giro le manie della borghesia milanese. La sua eco è tale che già nel 1951 Mondadori offre all’attrice l’opportunità di pubblicare i “pezzi” migliori nel volume Il diario della signorina Snob illustrato da Colette Rosselli. Strettamente imparentata alla Signorina Snob è inoltre il personaggio della Signora Cesira anch’esso ideato per la radio nel corso della trasmissione Il rosso e il nero condotta da Corrado.

Nel ’50 Franca Valeri si unisce a Vittorio Caprioli e a Bonucci, appena rientrati dalla Francia, sotto l’insegna del Teatro dei Gobbi. Il trio, coadiuvato dall’occhio esterno di Luciano Mondolfo, debutta al Théâtre du Quartier Latin a Parigi il 4 gennaio 1951 con Canevas du demi-siècle uno spettacolo frammentario composto da “scenette”, monologhi e dialoghi in italiano e in francese scritti dagli attori. La variante parigina della Signorina Snob conquista il pubblico francese e conferma il talento di Franca Valeri sia come attrice sia come autrice.

Quando il Teatro dei Gobbi si propone in Italia, nella stagione 1951-1952, ha alle spalle un anno di trionfi francesi. Il gruppo si configura come un’assoluta novità nel panorama teatrale italiano dove nel genere comico prevalgono le commedie a intreccio e le macchiette tradizionali. La loro comicità colta, raffinata, pungente si rivela a pieno nello spettacolo Carnet de notes, in cui scene e sketches autonomi si avvicendano come pezzi tratti dai “taccuini” dei tre attori cui allude il titolo. Particolarmente efficaci sono i quattro monologhi (raccolti sotto il titolo La famiglia, tragedia moderna in un atto) in cui una moglie, la figlia adolescente, la donna di servizio e una vicina di casa reagiscono alla telefonata con cui il capofamiglia avverte che starà a cena con un amico. Critici e intellettuali sono letteralmente conquistati dai tre giovani attori e si interrogano sulle motivazioni del loro successo. Il Teatro dei Gobbi si distingue per la sua “freschezza” contrapposta alla convenzionalità del teatro di tradizione: «Sono ragazzi che vanno in giro [...] muniti di un lapis e con gli occhi aperti e annotano. Sul palcoscenico trascrivono quello che hanno visto o ascoltato. E fanno ridere... Franca Valeri e i suoi compagni non hanno fatto altro che sviluppare, organizzare, sceneggiare quello che probabilmente già da tempo facevano per gli amici, quello che prima di loro altri avevano già fatto» (Morando Morandini recensione del 16 aprile 1953 riportata da Sandro Avanzo, Questa o quella per lei pari sono, in Franca Valeri una Signora molto Snob, a cura di Emanuela Martini, Torino, Lindau, 2000, p. 49).

La comicità di Valeri, Caprioli e Bonucci è graffiante, amara: il loro sguardo si posa su un ampio raggio di manie e mode («dalle finalità pubblicitarie dei premi letterari alle sovvenzioni statali agli spettacoli tragici all’aperto, dai documentari turistici alla propaganda culturale made in USA», ivi, p. 50) rivelandone l’insensatezza. Il pubblico cui i Gobbi si rivolgono è, almeno, di media cultura. Nei momenti più apprezzati dalla critica, la loro comicità si fa infatti «meno spettacolare, più rarefatta in un clima sottile d’intellettualismo cui non tutti possono partecipare: un piacere [...] che ha il sapore di un divertimento per iniziati, dove è necessario riconoscere d’acchito allusioni e dati non da tutti reperibili» (ivi, p. 50).

La fortunata formula delle scenette autonome è riproposta nello spettacolo Carnet de notes n. 2 nel quale Franca Valeri si mostra ulteriormente maturata come interprete. Lo spettacolo varca i confini italiani ed è portato in tournée: in Inghilterra viene registrato per la televisione; in America Latina riceve continue acclamazioni.

Tra il 1954 e il 1955 è la volta di Carnet de notes n. 3. A seguito della separazione da Bonucci, Franca Valeri e Vittorio Caprioli iniziano a collaborare con Luciano Salce. Il Teatro dei Gobbi si rinnova proponendo L’Arcisopolo che inserisce i diversi sketches in una comune cornice. Il 1957 è la volta di una fortunatissima tournée a Londra. In seguito il sodalizio con Salce si scioglie e Franca Valeri continua a collaborare con il solo Caprioli cui si lega anche sentimentalmente. Nel 1958 porta in scena il recital Le donne, in cui si esibisce da sola. Continua a prendere parte anche a spettacoli corali tra cui il fortunato Lina e il cavaliere realizzato nel 1958 in collaborazione con Vittorio Caprioli, Giuseppe Patroni Griffi e Enrico Medioli sulle musiche di Fiorenzo Carpi, in una commistione tra commedia e rivista.

Ai successi teatrali Franca Valeri continua ad affiancare quelli radiofonici. La sua voce, ormai cara a un ampio pubblico, è incisa nel 33 giri della Cetra La nomina del cappelan in cui l’attrice si presta a interpretare un testo di Carlo Porta (CL 0404, per la collana «Collana Letteraria Documento»). Gli anni Sessanta vedranno in seguito l’uscita di altri dischi per La Voce del Padrone.

Anche il cinema si dimostra interessato alla singolare personalità di Franca Valeri. La sua carriera cinematografica era iniziata nel 1950 con la breve apparizione, nella parte di una coreografa ungherese, in Luci del varietà di Alberto Lattuada, e era proseguita nel 1951 con quella in I due sergenti di Carlo Alberto Chiesa. Nel 1952 l’attrice ottiene finalmente una parte (per quanto breve) significativa: nel film Totò a colori incarna infatti la Signorina Snob, portando sul grande schermo il personaggio che l’aveva “lanciata”.

Le peculiari qualità fisiche e artistiche di Franca Valeri (diversa dalle attrici “caratteristiche” della tradizione e dalle maggiorate in voga nelle commedie) la favoriscono nel cinema dove ottiene molte scritture sia pure per parti molto brevi, e l’efficacia di queste prove iniziali le fanno in seguito ottenere parti di maggior impegno di cui lei stessa rivede la sceneggiatura. Nel 1953 è la prostituta bolognese nell’episodio Concorso di bellezza del film Villa borghese di Franciolini. L’interpretazione viene notata e nel successivo Il segno di Venere (1955) diretto da Dino Risi, l’attrice viene chiamata a occuparsi (insieme allo stesso Risi, a Ennio Flaiano e a Cesare Zavattini) anche della sceneggiatura. Nello stesso anno aveva inoltre già girato come attrice Piccola posta di Steno (nel quale interpreta la Signorina Cangiullo, alias Lady Eva, contessa polacca, responsabile della posta del cuore di un settimanale) e Le Signorine dello 04 di Gianni Franciolini. Al 1955 risalgono anche Il bigamo di Luciano Emmer (in cui Franca Valeri, dichiarandosi sua moglie, contende Marcello Mastroianni a Giovanna Ralli) e Un eroe dei nostri tempi di Mario Monicelli in cui recita con Alberto Sordi. La coppia comica Valeri-Sordi (già parzialmente rodata anche in Il segno di Venere e in Piccola posta) si ripropone con ottimi esiti in Il moralista (1957) di Giorgio Bianchi e in Il vedovo (1957) di Dino Risi.

Altro mezzo cui Franca Valeri affida la propria popolarità è la televisione. Nel 1957 l’attrice partecipa al varietà settimanale La regina e... (regia di Antonello Falqui) nel quale si presta a fare la segretaria della “regina del pettegolezzo” Nilla Pizzi, che si intrattiene per circa trenta minuti con diverse ospiti femminili. Mentre Nilla Pizzi arrichisce la trasmissione con le sue canzoni, Franca Valeri si produce nella Signorina Snob e nell’archetipo della sora Cecioni, la sarta romana Irma.

Due anni dopo, nel 1959, Franca Valeri è protagonista del varietà in sette puntate Le divine di cui è anche autrice con Vittorio Caprioli e altri. Esibendosi in balli e canti, l’attrice assume i panni di sette vedettes della prima metà del secolo. I personaggi dell’austroungarica Mitzi e di Vanessa Crown, ispirato a Susan Hayward, sono i più esilaranti. Quattro delle canzoni cantate dall’attrice (scritte da Caprioli, musicate da Fiorenzo Carpi ed eseguite dal sestetto jazz di Raoul Ceroni) vengono incise su 45 giri (EP Juke Box 45JEP743 del 1959). Complessivamente però Le divine non ottiene un vasto consenso popolare e viene stroncato anche da qualche voce autorevole (tra cui quella di Achille Campanile).

Gli anni Sessanta si aprono con il matrimonio con Vittorio Caprioli. Sul piano professionale, Franca Valeri continua ad alternare cinema, televisione, teatro e radio. Nel primo quinquennio l’attrice gira un discreto numero di film. Se la sua apparizione in Rocco e i suoi fratelli (1960) di Luchino Visconti è piuttosto inconsistente, più sostanziali sono invece le interpretazioni di Mariti in pericolo  di Mauro Morassi (che si fonda in gran parte proprio sulla simpatia della Valeri) e  Crimen di Mario Camerini (in cui Franca Valeri forma con Nino Manfredi una coppia di borgatari romani). Il 1961 la vede recitare in Leoni al sole che segna l’esordio alla regia cinematografica di Vittorio Caprioli. Nel 1962 è la volta di Parigi, o cara (diretto anch’esso da Caprioli) di cui Valeri interpreta la parte principale (quella della prostituta Delia) e firma anche la sceneggiatura. Nella seconda metà degli anni Sessanta l’attività cinematografica di Franca Valeri inizia poi a rarefarsi.

Gli anni dal 1961 al 1965 sono quelli dello straordinario successo televisivo di Franca Valeri. I monologhi femminili dell’attrice trasmessi a Studio Uno irridono la morale piccolo-borghese, smitizzano l’amore, affrontano le contraddizioni del rapporto genitori-figli, svelano la vacuità delle mode del momento, l’egoismo, il falso altruismo. Franca Valeri è molto abile nell’alternare i diversi personaggi abbracciando di volta in volta nuovi dialetti: dalla contessa toscana alla signora bolognese, dalla ragazza veneta alla signorina milanese. Tra tutte primeggia la Sora Cecioni, massaia romana che passa il suo tempo al telefono tentando di risolvere i suoi problemi familiari.

La notorietà di Franca Valeri è “sancita” dalla sua inclusione in Carosello: apparsa nel nel 1957 in alcune scenette dei Baci e della caramelle Rossana della Perugina, nel 1958 firma la sceneggiatura per Polymer, biancheria Movil, in cui sfrutta lo stesso personaggio apparso nel film Piccola posta. Nel 1961 l’attrice affianca Gabriele Ferzetti nella pubblicità dell’Agip (“Supercortemaggiore, la potente benzina italiana”) nella parte di una centralinista con padre di Imola e madre di Otranto. Nelle pubblicità immediatamente successive (nel 1965 quella dell’olio Topazio diretta da Vittorio Caprioli, nel 1969 del dado Liebig e nel 1975 della Busnelli) Franca Valeri è ancora associata al telefono, segno dell’impronta lasciata sull’identità dell’attrice dal suo personaggio più fortunato, quello della Sora Cecioni.

Sempre in televisione Franca Valeri partecipa anche alle trasmissioni Eva e io (1963), Stasera: Rita! (1965), Sabato sera (1967). Gli ingredienti della sua comicità sono ormai delineati. L’attrice scrive e interpreta un variegato puzzle di tipi umani al femminile. In Stasera con... (1969) è ora una “contestatrice” che gareggia con Patty Pravo in “contestazione”, ora una ricca signora bolognese spasmodica ammiratrice di Gianni Morandi, ora l’immancabile Sora Cecioni che, «abbigliata in modo improbabile a metà tra la casalinga di periferia e una colletina del Piper», si intrattiene a conversare con il «molleggiato» Adriano Celentano disposto a farle da spalla e con Mike Buongiorno un po’ imbarazzato dalla “candida” impertinenza della “signora” («Se fidanza sempre ma nun se sposa mai») (cfr. Fabrizio Liberti, ... quella maritata Cecioni, in Franca Valeri una Signora molto Snob, cit., p. 34).

La televisione offre all’attrice l’occasione di una visibilità nazionale, ma Franca Valeri non abbandona il teatro. Nel 1960 è la protagonista del discusso allestimento di Mario Missiroli di La Maria Brasca di Giovanni Testori. Negli anni successivi, forse perchè il mezzo televisivo le offre già occasione di esibirsi in pezzi isolati, in teatro sembra alla ricerca di una “forma”. In Le catacombe, debuttato il 6 novembre 1962 al Teatro Valle di Roma, da lei scritto e interpretato sotto la guida di Vittorio Caprioli, Franca Valeri abbandona la struttura per scenette e abbraccia quella tradizionale della commedia. I consueti sketches vengono riproposti invece nel one-woman-show Una serata con Franca Valeri (1964). Molti brani dello spettacolo confluiscono in un omonimo disco (45 e 33 giri) pubblicato dalla Voce del Padrone. Nel 1967 uscirà invece il disco La signora Cecioni e le altre cui viene assegnato il VI Premio della critica discografica nel 1968. Precedentemente il volume Le donne, stampato nel dicembre 1960, aveva offerto una raccolta di ritratti femminili da lei ideati.

Nella stagione 1964-1965 debutta Questo qui, quello là, altra commedia scritta e interpretata da Franca Valeri sotto la guida di Caprioli. Il testo è pubblicato l’anno successivo da Longanesi, ma complessivamente lo spettacolo non suscita lo stesso clamore dei precedenti e negli anni successivi la coppia Valeri-Caprioli mette in scena testi scritti da altri: Luv (1965) di Murray Schisgal e C’è speranza nel sesso? (1966) di Saul Bellow. Quest’ultimo è un “fiasco” e viene interrotto. Vittorio Caprioli dirige la moglie ancora nel 1968-1969 in Meno storie, scritto dalla stessa attrice, ma l’unione affettiva e artistica tra i due attori si incrina irremediabilmente.

A partire dai primi anni Settanta, separatasi da Caprioli, Franca Valeri mette in scena un consistente numero di testi di cui non è autrice. Nel 1971 è Irma in Le Balcon di Jean Genet diretto da Antonio Calenda. Inaugura inoltre una fertile collaborazione con il Teatro Eliseo di Roma. Nel 1977-1978 in Gin Game di Donald Lee Coburn, regia di Giorgio De Lullo, si presta a fare “da spalla” a Paolo Stoppa nello spettacolo in cui l’attore si ripresenta al pubblico dopo la morte di Rina Morelli. Dopo la scomparsa di De Lullo, Franca Valeri continua a lavorare con il Teatro Eliseo recitando nel 1984 con Gabriele Lavia (in La donna vendicativa di Carlo Goldoni) e in seguito con Giuseppe Patroni Griffi (con cui aveva già lavorato ai tempi di Lina e il cavaliere). Sotto la guida di Patroni Griffi si cimenta nel 1980-1981 nel monologo Il bell’indifferente di Jean Cocteau, nel 1990 in Fior di pisello di Edouard Bourdet e nel 1991 in Una volta nella vita di Moss Hart e George S. Kaufman. Sono però ancora una volta i “ritratti” femminili presentati in spettacoli solistici a farla maggiormente apprezzare dal grande pubblico: nel 1978 riadatta sulle sue corde Non c’è niente da ridere se una donna cade di Henry Mitton trasformandolo in un lungo monologo in cui passa da un personaggio all’altro; nel 1981 in Le donne che amo ripropone nuovamente una carrellata delle sue creazioni più applaudite.

Negli anni Settanta, coltivando una passione che si porta dietro agli anni dell’infanzia, Franca Valeri inizia a firmare la regia di numerosissime opere liriche, spesso affiancata dal direttore d’orchestra Maurizio Rinaldi nel frattempo divenuto suo compagno. Con Rinaldi promuove inoltre il concorso per cantanti lirici “Mattia Battistini”. Tra gli allestimenti più prestigiosi è debito ricordare al Festival di Spoleto nel 1975 Il telefono o l’amour à trois di Giancarlo Menotti.

Per quanto riguarda il fronte televisivo, nel 1970 la televisione trasmette tre atti unici di Franca Valeri Le donne balorde. Le altre apparizioni televisive dell’attrice, nei varietà Il poeta e il contadino (1973), Vino, whisky e chewing-gum (1974), Milleluci (1974) e A modo mio (1976) sono all’insegna della continuità con le esperienze passate. Un tentativo di rinnovarsi, cimentandosi in monologhi d’attualità politica e sociale nella trasmissione Studio 80 (1980), non riesce a imporre una nuova formula sufficientemente forte da soppiantare il vecchio modello. La consapevolezza delle mutazioni avvenute nei meccanismi televisivi spingono l’attrice ad allontanarsi dalla TV.

Quasi contemporaneamente l’attrice si distacca del tutto anche dal grande schermo. Franca Valeri aveva iniziato a diradare l’attività cinematografica già nella seconda metà degli anni Sessanta.  Nel decennio successivo  si trova confinata in personaggi che raramente incidono in modo sostanziale sulla vicenda. I cambiamenti in corso nel genere della commedia cinematografica, che negli anni Settanta esaspera gli elementi erotici, le rendono difficile trovare una collocazione adeguata (cfr. Stefano Della Casa, Basta guardarla (e ascoltarla). Gli anni ’70 di Franca Valeri, in Franca Valeri. Una signora molto snob, cit., p. 23). Il progressivo convincimento della pessima qualità dei film cui aveva preso parte negli ultimi tempi spingono l’attrice a rifiutare le proposte successive.

Gli anni Ottanta la vedono dedicarsi quasi esclusivamente al teatro d’opera e di prosa, nella veste di regista, autrice e attrice. Nel 1986 cura la regia teatrale di La strana coppia di Neil Simon con Rossella Falk e Monica Vitti. Nel 1987 riadatta e interpreta il monologo Ho due parole da dirvi di Jeanne Pierre Delage. Nel 1988 dirige la Tosca di Giacomo Puccini al Teatro Nazionale di Milano.

Il teatro di prosa si rivela il mezzo più a lungo e continuativamente frequentato. Nel ’91 è interprete e autrice di Senza titolo. Insieme a Claudia Poggiani riadatta una commedia di Billy Wilder e firma la regia di L’appartamento. Nel 1993 dirige Leggeri peccati di Alberto Silvestri, nel 1995 La bruttina stagionata dal romanzo di Carmen Convito. Nel 1996 scrive e interpreta, sotto la guida di Aldo Terlizzi Sorelle, ma solo due. Nel 1998 debutta in Mal di ma(d)re di Pierre Olivier Scotto diretto da Patrick Rossi Gastaldi e in Alcool scritto e diretto da Adriana Asti.

Gli anni Novanta segnano il suo ritorno sui teleschermi: nel 1993 Franca Valeri partecipa alla trasmissione di Raitre Magazine 3. Nel ’95 è invece co-protagonista con Gino Bramieri della sit-com di Canale 5 Norma e Felice. L’anno successivo è ancora coinvolta in una fiction televisiva, Caro maestro. Nel 2000 affianca Nino Manfredi nella serie di Raiuno Linda, il brigadiere e?; recita inoltre nel film tv Come quando fuori piove, diretto da Mario Monicelli.

È però ancora l’attività teatrale a sollecitare il suo impegno con maggiore continuità. Nel 2000 va in scena con i recital Una serata con Franca Valeri; nel 2001 è invece la volta di Tutti mi chiedono di essere Franca. Nello stesso anno è diretta da Toni Bertorelli in Possesso di Abraham Yehoshua. Nel 2003 dirige Blue Orange di Joe Perhall, nel 2004 è tra gli interpreti di Il giocatore di Carlo Goldoni allestito da Patroni Griffi, nel 2006 nel cast di Le bonnes. Le serve di Jean Genet messo in scena da Giuseppe Marini. Anche la verve di autrice non dà segno di arresto: nel 2005, ispirandosi liberamente a  La morte di Socrate di Friederich Dürrenmatt, scrive e interpreta La vedova di Socrate; nel 2007 porta in scena gli sketches migliori della sua carriera in I 60 anni di Franca Valeri; infine nel 2008 scrive e interpreta, sotto la guida di Giuseppe Marini, Carnet de Notes 2008.


Formazione

Franca Maria Norsa si appassiona al teatro da bambina grazie alla consueta frequentazione del Teatro alla Scala di Milano e del Teatro dei Filodrammatici. Appartenente ad un’abbiente famiglia milanese, riceve già in seno alla famiglia molti stimoli culturali. Dopo la Liberazione (che pone fine alle discriminazioni subite per le sue origini ebree), conclude il liceo classico e decide di dedicarsi al teatro. La propensione verso il genere comico è del tutto connaturata al suo carattere: fin da piccola aveva sempre divertito i familiari e gli amici con imitazioni e caricature il cui successo, nel ristretto ambito dei salotti milanesi, la spinge durante l’adolescenza a desiderare di fare della recitazione una professione.

Il tentativo di accedere all’Accademia d’Arte drammatica di Roma si risolve in un fallimento. Il trasferimento nella capitale le permette però di allacciare i contatti con Vittorio Caprioli, Alberto Bonucci e Luciano Salce che, pur essendo anch’essi alle prime armi, probabilmente costituiscono un primo punto di riferimento per l’esordiente Franca Valeri. La frequentazione in qualità di spettatrice dell’Arlecchino, dove gli studenti dell’Accademia si esibiscono in gags dal sapore cabarettistico, lascia inoltre una viva impressione nella sua memoria. Il ricordo di questa esperienza è molto probabilmente un sostegno per Franca Valeri al momento del suo esordio in radio in “pezzi” di sua stessa produzione.

Scartata la possibilità di accesso alla massima scuola di recitazione italiana, Franca Valeri frequenta per un breve periodo la scuola del regista russo Pietro Sharoff. Tornata a Milano si iscrive alla Facoltà di Lettere. Il suo apprendistato di attrice si consuma poi direttamente sulle scene. Il debutto in teatro avviene nel maggio 1947 nella Lea Lebowitz di Alessandro Fersen, un dramma corale che ripropone elementi della tradizione del teatro ebraico. Protagonista di Caterina di Dio di Giovanni Testori diretto da Enrico d’Alessandro nel 1948, è “scoperta” da Tofano (che la scrittura nella Tofano-Solari  nel 1948-1949) e in seguito ingaggiata da Giorgio Strehler (nel 1949-1950). È però la radio, dove si cimenta in personaggi femminili di sua stessa ideazione, a proiettarla verso una lunga e luminosa carriera.


Interpretazioni/Stile

Nel corso della sua lunga e brillante carriera Franca Valeri si è confrontata con teatro, radio, televisione e cinema ottenendo in ogni ambito dei risultati d’eccellenza. Pioniera della comicità femminile, si è imposta per il suo umorismo tagliente, spesso nero, affidato principalmente a un non comune «virtuosismo della parola» (Fabrizio Liberti, ... quella maritata Cecioni, in Franca Valeri una Signora molto Snob, Torino, Lindau, 2000, p. 36).

Il suo esordio avviene come interprete teatrale: dopo la partecipazione nel 1947 all’allestimento di Lea Lebowitz di Alessandro Fersen e nel 1948, come protagonista, a quello di Caterina di Dio di Giovanni Testori diretto da Enrico d’Alessandro, ottiene nel 1948-1949 la scrittura nella Compagnia Tofano-Solari, per poi passare nel 1949-1950 al Piccolo Teatro di Milano guidato da Giorgio Strehler. La sua affermazione si verifica però in radio: sul finire degli anni Quaranta, cattura la simpatia di un ampio pubblico grazie a dei monologhi radiofonici incentrati su personaggi femminili di cui è al tempo stesso autrice e interprete.

Il primo dei personaggi ideati da Franca Valeri a decretare il suo successo è quello della Signorina Snob, una giovane dell’alta borghesia milanese che, alla ricerca di distinzione e in fuga dalla noia, si misura con le pratiche più eccentriche. Contraddistinta sul piano fonetico dalla “r” arrotata e dalla cadenza milanese, la Signorina Snob trascorre il suo tempo permettendosi il lusso di provocazioni anticonformiste (come quando si presenta a una prima della Scala con uno scialletto trafugato alla trisavola della portinaia) e ricercando esperienze di vita che la differenzino dalla massa (per esempio facendo di tutto per perdere al gioco d’azzardo). Lo sguardo ironico di Franca Valeri coglie puntualmente le pose della Milano borghese senza però limitarsi a fare la “parodia” di un tipo sociale astraendolo in una macchietta e appiattendone le contraddizioni: attraverso la Signorina Snob, l’attrice drammatizza il conflitto tra senso di appartenenza alla società e affermazione individuale.  

Tra i personaggi ideati da Franca Valeri, la Signorina Snob è quello che più lascia trasparire la personalità della sua creatrice: come lei infatti anche Franca Valeri è alla ricerca di differenziazione dalla “casta” da cui proviene e che riesce a descrivere con grande acume proprio perché le è direttamente nota. Alter-ego dell’attrice, la Signorina Snob finisce per diventare l’elemento accentratore di buona parte della produzione della Valeri e, in virtù della sovrapposizione tra personaggio e attrice, anche molti “pezzi” che non hanno niente a che vedere con la giovane milanese finiscono per essere ricondotti alla Signorina Snob (nelle Teche Rai sono ad esempio registrati sotto il suo nome le protagoniste di La padrona di boutique e La moglie del calciatore).

La Signorina Snob è la prima e più notevole produzione di Franca Valeri nel doppio ruolo di autrice e attrice. Forte del consenso guadagnato in radio, quando torna al teatro, associandosi con i Gobbi Vittorio Caprioli e Alberto Bonucci, continua a procedere su questo doppio binario. Il gruppo si propone inizialmente in Francia e in seguito in Italia con una serie di spettacoli (Canevas du demi-siècle, Carnet de notes, Carnet de notes n. 2) privi di una struttura unitaria e composti per frammenti giustapposti di sketches autoprodotti. Nell’impossibilità di ascrivere il Teatro dei Gobbi ai tradizionali generi di spettacolo viene coniata la definizione di «rivista da camera», «ma si tratta praticamente di un’antirivista, con quella comicità sintetica, la recitazione essenziale, la scena costituita solo da tre paraventi bianchi», gli abiti contemporanei (Laura Peja, Strategie del comico. Franca Valeri, Franca Rame, Natalia Ginzburg, Firenze, Le Lettere, 2009, p. 30).  Portatori di un umorismo fresco, fine, colto, i Gobbi ritraggono vizi e manie della borghesia rivolgendosi a un pubblico di media-alta cultura e destando immediatamente anche l’interesse della critica.

Tra i tre attori, Franca Valeri si mette in luce nei Carnet des notes specialmente in L’amore è poetica attesa e nel monologo della moglie in La famiglia. Entrambi sono incentrati su figure femminili dai contorni patetici che, nell’aspirazione ad essere amate, coltivano un autoinganno. La protagonista di La famiglia è una donna che, apprendendo che il marito starà fuori a cena, si dice contenta perché, a differenza degli altri uomini che si stancano stando sempre in giro per affari, il suo non la fa preoccupare: «[...] siccome lo so che passa la notte con una brava ragazza, allora di che cosa devo stare in pensiero? E questo lo so perché lui a me mi racconta tutto, è un bravo marito [...]» (Franca Valeri, La famiglia, in Franca Valeri una Signora molto Snob, cit., p. 13).

Impietoso è anche L’amore è poetica attesa in cui una donna si prepara all’incontro con l’amato passando in rassegna tutta una serie di pose femminili (dalla gattina inoffensiva alla donna fatale) prima di essere “scaricata” con una telefonata quasi senza rendersene conto: «Ci vediamo domani sera? Ma quando torna? [...]» (Franca Valeri, L’amore è poetica attesa, in Franca Valeri una Signora molto Snob, cit., p. 13). Depositate in un remoto paesino di montagna da mariti desiderosi di scapparsene da soli a Capri (come in Una moglie felice), abbandonate al termine di una vacanza (I soliti brutti ritorni), le donne di Franca Valeri tentano di sfuggire alla solitudine coltivando fatue illusioni d’amore.

I monologhi scritti per la radio e per il Teatro dei Gobbi in questi primi anni di attività contengono in nuce già una grande parte di temi che Franca Valeri svilupperà in seguito attraverso i diversi mezzi espressivi in una continua osmosi tra radio, teatro, cinema e televisione. La Signorina Snob ad esempio, nata in radio e sperimentata anche in teatro, nel 1952 approda al cinema nel film Totò a colori. Nel tentativo di legarsi alla comicità di Totò, «più grossolana e popolare, legata a gestualità brutale» e a «doppi sensi» (Laura Peja, Strategie del comico. [...], cit., p. 49), la sua identità viene in parte alterata e da autentica chic la Signorina Snob si fa più caricaturale.

Molti personaggi successivamente incarnati al cinema, sui quali l’attrice agisce sia come interprete sia rivedendo la sceneggiatura, sono strettamente imparentati alla Signorina Snob, ma rispetto a questa, non priva di slanci giovanili, acquisiscono una tenuta cinica e disincantata. Nel film La ragazza del Palio (1957) Franca Valeri è una contessa che cerca di opporsi al fidanzamento tra lo squattrinato Principe di Montalcino, Vittorio Gassman, e una bella ragazza texana, Diana Dors. In Il vedovo di Dino Risi (1959) invece è l’algida moglie di un uomo inetto (Alberto Sordi) che è solita chiamare «Cretinetti». Fredda, insensibile, non raramente cattiva, l’aristocratica Valeri riappare in molte successive pellicole fino a uno degli ultimi film, Paulo Roberto Cotechiño centravanti di sfondamento (1983) di Nando Cicero, in cui è una contessa che, dopo aver scommesso cementifici sul risultato della partita calcistica Inter-Napoli, cerca con ogni mezzo di eliminare il cannoniere della squadra partenopea.

Nel cinema inoltre, riprendendo il tema dell’autoinganno della donna, l’attrice dà consistenza al personaggio della “bruttina” cui viene contrapposta la maggiorata in voga al momento. In Il segno di Venere (1955), ad esempio, Franca Valeri è Cesira, cugina emancipata, ma priva di bellezza della procace Agnese (Sofia Loren), che vede infrangere i suoi sogni d’amore davanti alla realtà. Gli uomini sono attratti dalle belle forme o dai soldi: Ignazio finirà per sposare Agnese, il poeta Spano (Vittorio De Sica) una vecchia dotata di casa e mutuo quasi estinto. La poco attraente Cesira è pertanto destinata a rimanere sola.

Tra le altre figure femminili interpretate da Franca Valeri al cinema, non un migliore destino spetta  a quelle frutto della contaminazione tra il filone “snobbistico” e quello delle “bruttine”. In Piccola posta (1955) è l’attrice Lady Eva, l’apprezzata responsabile di una rubrica sentimentale di un settimanale. In lei si ritrovano alcuni vezzi della Signorina Snob nella sua declinazione più caricaturale: Lady Eva, all’anagrafe Cangiullo, si fa passare per una contessa polacca, ostenta un accento esotico e assume un abbigliamento estroso. I suoi tentativi di sedurre il veterinario Marco Cappelli (Sergio Raimondi) sono ridicoli, e i suoi stessi consigli finiscono per favorire la “bellona” di turno (Annamaria Pancani).

Non raramente l’aspirazione all’amore disinteressato si scontra con i biechi scopi sottesi alle azioni del “papabile” sposo, disposto a lasciarsi corteggiare o intenzionato a illudere la zitella solo per raggiungere il suo patrimonio o per mettere in atto piani fraudolenti. In Il moralista (1959) Franca Valeri è la figlia del presidente di un’organizzazione deputata alla moralità pubblica. Pur istruita e vigile si lascia abbindolare da Agostino, il segretario del padre, che ha in realtà il solo scopo di far carriera.

Dotate di maggior acume e spirito critico della media, le donne incarnate da Franca Valeri non contraddicono la principale ambizione femminile, quella cioè di trovare marito. Le risorse su cui fanno leva (l’intelligenza, la cultura, la raffinatezza, il patrimonio) finiscono per ritorcersi contro di loro. Confermando la maggiore fortuna nella società di donne che, potendo contare esclusivamente su elementi di seduzione primaria, si limitano a suscitare l’azione del maschio, le loro vicende affermano l’impossibilità per la donna di divenire “cacciatrice”.

Nell’ampia collezione di interpretazioni di Franca Valeri non tutte possono essere inserite in questo modello. Un altro consistente filone nel cinema è quello della prostituta: la prima è Antonietta in Villa Borghese (1953) cui segue Marisa in Arrangiatevi! (1959) e Delia in Parigi, o cara (1962), un personaggio che vede nuovamente la Valeri sul filo del rasoio tra ironia e malinconia.

All’attività cinematografica, radiofonica, discografica e teatrale, si aggiunge sul finire degli anni Cinquanta quella televisiva che, più di ogni altra, consacra Franca Valeri beniamina del grande pubblico. Non diversamente da quanto già sperimentato alla radio l’attrice scrive e interpreta alcuni pungenti e spassosi ritratti femminili, dando prova tra l’altro di saper imitare diversi italiani. Tra i vari personaggi svetta quello della Sora Cecioni. Un suo “prototipo” è sperimentato già nel corso della trasmissione televisiva La regina e... io (1957), condotto da Nilla Pizzi sotto la regia di Antonello Falqui, in cui insieme a personaggi già collaudati, come la Signorina Snob, Franca Valeri si cimenta in quello della sarta romana Irma. Sviluppando alcuni spunti offerti da quest’ultimo nel corso delle puntate di Studio uno, tra il 1961 e il 1965 la Valeri mette a punto la Sora Cecioni, una massaia romana che passa il suo tempo al telefono interrogando diversi interlocutori per risolvere i suoi problemi e rivolgendosi infine, non soddisfatta dalle risposte, alle signorine del 110. Di “pezzo” in “pezzo” la Sora Cecioni interagisce “virtualmente” con una serie di altri personaggi che compongono il ventaglio delle sue conoscenze.

Il successo della formula decreta, nei programmi cui Franca Valeri partecipa posteriormente, le sue progressive evoluzioni. La scena, inizialmente vuota, è arricchita da un divanetto e da un telefono (in un primo momento solo immaginato). All’abbigliamento neutro (coincidente con quello dell’attrice), la Valeri sostituisce una vestaglia da quattro soldi. Anche l’acconciatura viene “cotonata” secondo la moda del momento. Riproposta nel varietà Stasera con... la Sora Cecioni, «abbigliata in modo improbabile a metà tra la casalinga di periferia e una collettina del Piper», diviene «incarnazione stessa del pubblico radiotelevisivo, portavoce privilegiato che soddisfa il desiderio del teleutente di conoscere e interloquire con i divi di quegli anni» (Fabrizio Liberti, ... quella maritata Cecioni, cit., p. 34). La Sora Cecioni è però destinata a  subire ancora altre evoluzioni: il personaggio accompagna infatti tutta la successiva carriera dell’attrice accordandosi ai suoi cambiamenti di età e divenendo con il tempo essa stessa dispensatrice di consigli telefonici alle amiche più giovani.

Il tentativo di percorrere in televisione strade diverse da quella dei monologhi al femminile nella trasmissione Le divine (1959) e più tardi a Studio 80 (1980), dove Franca Valeri propone pezzi legati all’attualità sociale, non riesce a imporsi con altrettanta forza. Per il grande pubblico Franca Valeri rimane soprattutto la voce e il volto della Signorina Snob, della Sora Cecioni e di un ricco elenco di anonime donne ora serenamente comiche, ora inquietantemente sull’orlo della catastrofe, ora ottusamente confinate nell’illusione.

Nella memoria del pubblico televisivo Franca Valeri è anche impressa per aver girato un discreto numero di pubblicità: nel 1957 appare in alcune scenette dei Baci e della caramelle Rossana della Perugina, nel 1958 ripropone il personaggio del film Piccola Posta per Polymer, biancheria Movil, nel 1961 affianca Gabriele Ferzetti nella réclame dell’Agip, nel 1965 appare in quella dell’olio Topazio diretta da Vittorio Caprioli, nel 1969 in quella del dado Liebig e nel 1975 in quella della Busnelli. In tempi più recenti (intorno al 1985) ha inoltre pubblicizzato il pandoro Melegatti.

Il momento di massima creatività di Franca Valeri in televisione coincide con gli anni Sessanta. La consapevolezza dei cambiamenti in atto nello spettacolo televisivo la spingono a rarefare le sue apparizioni durante gli anni Ottanta. Negli anni Novanta torna invece frequentemente alla ribalta del piccolo schermo partecipando a serie-tv e fictions (Norma e Felice, con Gino Bramieri nel 1995; Caro maestro nel 1996; Linda il brigadiere e... nel 2000, Come quando fuori piove nel 2000).

Se televisione, radio e cinema la coinvolgono a periodi intermittenti, il teatro è l’ambito verso il quale Franca Valeri si mostra più costantemente interessata. Anche in questo settore giocano un ruolo fondante nella costruzione della sua identità artistica i monologhi femminili, elemento unificatore di tutta la sua variegata produzione a prescindere dai mezzi espressivi. Alle innamorate e alle mogli, si aggiungono nel tempo anche le madri: tra tutte suscita un grande scalpore quella che, accecata dall’amore del figlio, non si è resa conto della sua omosessualità. Inizialmente affidati alla radio e inseriti negli spettacoli d’andamento frammentario del Teatro dei Gobbi, a partire dal 1958, i “pezzi” migliori sono veicolati in recital solitistici nei quali l’attrice passa in rassegna i personaggi più amati dal pubblico (nel 1958 Le donne, nel 1964 Una serata con Franca Valeri, nel 1974 Le loro donne, nel 1982 Le donne che amo, nel 2000 Una serata con Franca Valeri, nel 2007 I 60 anni di Franca Valeri).

Dalla radio al teatro tutte «le donne di Franca Valeri hanno qualcosa in comune - non sono mai inoffensive, mancano tutte di bonarietà, di mitezza. Quando sono remissive con gli altri (Una moglie felice) si accaniscono contro se stesse, pur di accanirsi contro qualcuno. Quello che le sostiene sempre è l’autoillusione, che è la faccia triste dell’invettiva. Parlano moltissimo per evitare di pensare. Basterebbe che si fermassero un attimo e svanirebbe tutto il nostro piacere» (Patrizia Zappa Mulas, Tra Flaiano e Dorothy Parker, in Franca Valeri, Tragedie da ridere, a cura di Patrizia Zappa Mulas, Milano, La tartaruga, 2003, pp. 14-15).

Ad eccezione di questi one woman shows, una volta conclusa l’esperienza dei Gobbi, Franca Valeri abbandona in teatro la formula di spettacoli composti da scketches brevi e predilige allestimenti di opere unitarie. A segnare la svolta è Lina e il cavaliere, una commedia musicale scaturita nel 1958 dalla collaborazione tra Franca Valeri, Vittorio Caprioli, Giuseppe Patroni Griffi e Enrico Medioli.  Tra le numerose interpretazioni si ricorda nel 1960, sotto la direzione di Mario Missiroli, quella della protagonista di Maria Brasca, un personaggio malinconico ma ricco di spunti comici scritto per lei da Giovanni Testori. Altre significative tappe della sua carriera teatrale sono nel 1971 Il balcone di Jean Genet per la regia di Antonio Calenda e nel 1978 Gin Game di Donald Lee Coburn con Paolo Stoppa, regia di Giorgio de Lullo. Più volte è diretta da Giuseppe Patroni Griffi: nel 1966 in Luv di Murray Schisgal, nel 1990 in Fior di pisello di Edouard Bourdet, nel 1991 in Una volta nella vita di Moss Hart e George S. Kaufman, nel 2004 in Il giuocatore di Carlo Goldoni che le vale il premio ETI-Gli olimpici del teatro come migliore attrice non protagonista.

Nella selezione dei testi da rappresentare Franca Valeri predilige le commedie che attraverso il riso  drammatizzano il problema della solitudine umana. In Mal di ma(d)re di Pierre Olivier Scotto (regia di Patrik Rossi Gastaldi, 1998), ad esempio, Franca Valeri è una donna ormai anziana che si rivolge a un giovane psicologo alla ricerca della possibilità di esprimere il proprio bisogno di tenerezza. In Possesso di Abraham Yehoshua (regia di Toni Bertorelli, 2001) è la vedova Rochelle che, costretta a disfarsi dei suoi beni prima di traferirsi in un ricovero, tenta in realtà di imporre al figlio il possesso di tutto quanto ha accumulato nel corso della vita: l’ilarità suscitata dalla ripetitività di Rochelle non stempera il disagio dello spettatore e rende più efficace la critica verso una società  che «assiste impotente allo sbriciolarsi delle affettività e scivola verso una solitudine cupa e malata» (Carmelo Alberti, Possesso, in «www.drammaturgia.it»)

Accanto alla rappresentazione di testi altrui, Franca Valeri si mette in luce anche come drammaturga. Il suo esordio come autrice di commedie “regolari” risale al 1962 con Le catacombe o Le donne confuse, nella quale assume la parte di Fanny, una donna tutta d’un pezzo, capace di gestire con atteggiamento manageriale la vita sentimentale del proprio amante. Le smanie per il riarredo della casa imparentano Fanny alla Signorina Snob, il suo “polso fermo” nel manovrare un uomo debole, volubile e infedele sono invece in continuità con alcune interpretazioni cinematografiche (ad esempio con quella in Il vedovo). In Questa qui quello là (1965) Franca Valeri disegna il ritratto di una ricca moglie dispotica, Anna, alle prese con le velleità artistiche di Piero. La protagonista di Meno storie è ancora una donna abbiente, Pucci, che nel desiderio di essere à la page insegue tutte le mode più trasgressive fino alla rovina finale.

Nel 1986 in Tosca e altre due, interpretato in coppia con Adriana Asti, Franca Valeri dà voce alle mogli di due sgherri del Barone Scarpia, Emilia e Iride, che si scambiano pettegolezzi e opinioni mentre “ai piani alti” si consuma la tragedia pucciniana di Tosca e Cavaradossi. Sulla stessa scia si pone anche l’operazione condotta con La vedova di Socrate (monologo ispirato a La morte di Socrate di Friedrich Dürrenmatt) in cui Franca Valeri assume i panni della dispotica moglie del filosofo greco che, trascurata in vita da un marito infedele, è determinata a dire la sua su un uomo che avrebbe fatto certo una miglior fine se avesse ascoltato i suoi consigli di esperta massaia.


Scritti/Opere

Nell’attività artistica di Franca Valeri l’attrice non può essere disgiunta dall’autrice. A differenza della maggiorparte delle attrici comiche delle generazioni precedenti, Franca Valeri scrive, o rivede, buona parte dei testi che mette in scena: non si limita a interpretare, ma è responsabile a tutto tondo della progettazione dei suoi personaggi. Le competenze testuali le consentono di costruirsi un’indentità artistica originale e di distinguersi.

La forte personalità di Franca Valeri emerge, tra il 1949 e il 1950, alla radio dove scrive e incarna dei fortunati monologhi femminili. Il successo dell’esperienza la porterà a sviluppare la formula dei “ritratti di donne” nell’arco dell’intera carriera in radio, ma anche al teatro e in televisione. Alla Signorina Snob, la più apprezzata creazione radiofonica, è dedicata la prima produzione editoriale di Franca Valeri: nel 1951 Mondadori pubblica Il diario della Signorina Snob corredato dalle illustrazioni di Colette Rosselli (recentemente riedito: Torino, Lindau, 2003).

Una scelta di testi legati ai suoi personaggi femminili è raccolta nel 1961 nel volume Le donne: sotto l’aspetto di lettere, i brani rivelano le attitudini attoriche di Franca Valeri e occhieggiano i personaggi contemporaneamente portati in scena. Tra le mittenti figurano la “musa” russa di un poeta, la moglie di un impiegato, la madre invadente, l’ex maniquin sposata a un conte impoverito, la malmaritata che si rivolge alla confidente più intima, l’amica di infanzia di tale Ghitta cui richiede un’infinità di favori dando per scontato di essere esaudita.

Un’altra selezione di monologhi (cui si aggiungono gli atti unici La cosiddetta fidanzata e La cocca rapita) è pubblicata nel 1992 in Toh, quante donne!: il volume, stampato a Milano da Mondadori, introdotto da Rita Cirio, è privo delle date di rappresentazione dei singoli pezzi, ma raccoglie probabilmente materiali di momenti diversi della lunga carriera di Franca Valeri. Anche in questo caso la scrittura riecheggia i tempi e le pause della recitazione dell’attrice. «La pagina stampata rende conto della tenuta del fiato, del numero di righe che si possono pronunciare di filato prima di prendere nuovamente il respiro; determinate contrazioni sincopate sono messe lì apposta per poter accelerare il ritmo della battuta» (Sandro Avanzo, Questa o quella per lei pari sono, in Franca Valeri una Signora molto Snob, Torino, Lindau, 2000, pp. 43-44).

Nei suoi monologhi Franca Valeri si rivela una virtuosa della parola: il linguaggio non si limita veicolare i contenuti, ma esprime l’atteggiamento psicologico, l’estrazione sociale e culturale dei personaggi. Le donne di Franca Valeri sono innanzitutto delle “voci”: la loro identità è delineata in primo luogo dal loro modo di parlare. La Signorina Snob, ad esempio, coerentemente con la propria personalità, adotta un «fantasioso pastiche di ricercatezze e trivialità» senza accontentarsi né di un italiano letterario, né di un corretto italiano dell’uso medio (Laura Peja, Strategie del comico. Franca Valeri, Franca Rame, Natalia Ginzburg, Firenze, Le Lettere, 2009, p. 42). Il suo linguaggio, in continuità con le vicende di cui è protagonista, è tutto all’insegna dell’esagerazione, enfatico e arricchito di iperboli. Sul piano della fonetica, la Signorina Snob è contraddistinta dall’inflessione milanese cui è associata la “r” arrotata. L’ampio ricorso a francesismi («à propos», «aux anges»), anglismi («birth», «of course») e termini arcaici («la genitrice madre») la rende più esotica e attesta il suo elevato livello di istruzione per quanto, i suoi spropositi, confermano che non ha capito il senso della cultura. Nei suoi eloqui si moltiplicano accrescitivi e vezzeggiativi, anche a base nominale, avverbiale o di aggettivi non graduabili («Capodannone», «suissimo», «solitissimi») e altre forme di alterazioni in genere (dai «capelluzzi» al «flirtino»). Lo stile telegrafico, che indica l’urgenza dell’esternarsi, è spesso reso attraverso neologismi («penicillarmi»).

Peja individua nell’uso del verbo “fare” (per indicare “produrre un’impressione di”, “avere l’apparenza di”) l’elemento più tipico della parlata della Signorina Snob. La giovane milanese accosta in una forma sintetica concetti e realtà diversificate producendo uno spiazzamento comico nell’ascoltatore: andare a piedi all’estero «fa troppo Quo vadis», stare nella vasca da bagno a pensare «fa talmente Archimede», il riscaldamento a bracieri «fa talmente suicidio», ecc. Anche altre espressioni proprie del personaggio afferiscono l’area semantica del “sembrare”: “genere” («come letto una brandina da campo, genere Napoleòn»), “tipo” («annoiatissima, tipo con barba di Giacobbe»), “ho l’aria di” usato in riferimento a se stessa («Anche quest’anno ho l’aria di mantenermi folle»), “trovare” («facciamo beneficenza! Trovo simpatico») (ivi, pp. 39-40).

Oltre ai numeri solistici “al femminile”, di cui la Signorina Snob è il più importante esempio, Franca Valeri scrive anche alcune commedie “regolari”. Le catacombe o Le donne confuse è allestita nel 1962 e pubblicata nel 1963 con la prefazione di Sandro De Feo a Rocca San Casciano per i tipi di Cappelli. Nel 1974 Marcel Mithois avrebbe rielaborato Le catacombe in uno spettacolo molto apprezzato dal pubblico d’Oltralpe intitolato L’arc de Triomphe. Le catacombe viene considerata la prima “commedia di donne” della drammaturgia italiana. La protagonista Fanny, incarnata sulle scene dalla stessa Valeri, è una donna di successo che non solo gestisce impeccabilmente lavoro e case, ma organizza anche la vita sentimentale del proprio amante aiutandolo a costruire un “perfetto” equilibrio tra la moglie, i figli e le giovani fiamme di turno. L’inossidabile signora si dimostra forte nelle situazioni più paradossali, ma tracolla sul finale di fronte alla richiesta d’amore da parte dell’amante: soluzioni «razionali, stabili e “per bene” di situazioni assurde sono assolutamente da preferirsi alla instabilità, forse anche poco chic, di una passione vera» (ivi, p. 58). La Valeri sorride disillusa sui cambiamenti sociali del ruolo della donna: le sue donne, per quanto più libere, sono tutte “confuse” dall’incertezza della posizione da assumere nella società. La totale impossibilità di solidarietà tra donne conferma inoltre che l’unico vero interesse intorno cui ruota l’universo femminile è l’uomo.

Dopo Le catacombe, anche Questa qui quello là! è pubblicata contestualmente alla rappresentazione: lo spettacolo va in scena nel 1964, il volume esce a Milano da Longanesi nel 1965. La commedia svolge il tema della crisi coniugale provocato non, come da tradizione, da un adulterio, ma dall’impegno artistico-sociale. Enrambi i coniugi evadono infatti dalla mediocrità della loro vita borghese attraverso il cinema-impegnato e  l’arte.

Meno storie, rappresentata nel 1968, non trova un’immediata collocazione editoriale. La carica satirica di questa commedia è amara: il conformismo di una volta è stato sostituito da nuove pratiche che, sotto un’apparente patente di anticonformismo, hanno di fatto costituito un altro perbenismo destinato a far soccombere i suoi seguaci.

Una panoramica della produzione di Franca Valeri è proposta dal volume Tragedie da ridere. Dalla signorina Snob alla vedova Socrate, uscito nel 2003 a cura di Patrizia Zappa Mulas, che riporta diversi sketches, due atti unici (La cocca rapita, La cosiddetta fidanzata), quattro commedie (Le catacombe, Meno storie, Tosca e le altre due, Sorelle ma solo due) ed il monologo La vedova Socrate. Tosca e le altre due è ispirata dal grande amore di Franca Valeri per l’opera lirica. Interpretata in coppia con Adriana Asti, dà voce a due personaggi dei bassifondi (l’una romana l’altra milanese) che spettegolano mentre nel contempo ai piani altri si consuma la tragedia di Tosca. Nel 2003 dal testo è stato tratto un omonimo film diretto da Giorgio Ferrara. Sorelle ma solo due è una breve commedia che approfondisce il tema delle rivalità femminili. La vedova di Socrate, ispirato alla Morte di Socrate di Friedrich Dürrenmatt, propone una variante storica e più articolata dei monologhi femminili per i quali Franca Valeri ha fatto scuola.

Franca Valeri è anche autrice del libro Animali e altri attori. Storie di cani, gatti e altri personaggi (Roma, Nottetempo, 2005) in cui, senza abbandonare la sua ironia, racconta aneddoti a proposito degli animali che gli sono appartenuti.

Tra le opere di Franca Valeri vanno infine ricordati i dischi pubblicati per La Voce del Padrone: i due vinili Le donne di Franca Valeri del 1961 (un 45 e un 33 giri EMQ215 e QELP8039), il vinile Una serata con Franca Valeri del 1964 (PSQ052), La signora Cecioni e le altre del 1967 (PSQ049), cui viene assegnato il VI Premio della critica discografica nel 1968). Dal 2007 presso le Teche Rai è inoltre fruibile il cd La Signora Valeri. Le donne alla radio di Franca Valeri.

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