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«Archivio Multimediale degli Attori Italiani», Firenze, Firenze  University Press, 2012.
eISBN: 978-88-6655-234-5
© Firenze University Press 2012

Attore > teatro
NomeEduardo
CognomeScarpetta
Data/luogo nascita13 marzo 1853 Napoli
Data/luogo morte29 novembre 1925 Napoli
Nome/i d'arte
Altri nomi
  
AutoreIsabella Innamorati (data inserimento: 06/09/2012; data aggiornamento: 15/05/2023)
Eduardo Scarpetta
 

Sintesi | Famiglia| Formazione| Interpretazioni/Stile| Scritti/Opere| Testo completo

 

Biografia

Il ritorno a Napoli, alla fine della Quaresima del 1879, non fu da trionfatore, ma, auspice il Marchese Sant'Elia, firmò una nuova scrittura con l'impresa di Luigi Berlingieri e Francesco De Gregorio per il Teatro delle Varietà. Qui ricoprì per la prima volta il ruolo di direttore di compagnia come esplicitava il titolo della commedia con cui si aprì la serie delle rappresentazioni il 1 ottobre 1879: 'Na Compagnia comica diretta dal Cav. Felice Sciosciammocca. Per questa compagnia allestì speditamente un repertorio caratterizzato dalla presenza costante del suo personaggio e basato esclusivamente sulla propria opera di autore attingendo in parte ai suoi lavori sancarliniani, ma in gran parte componendo novità, come ad esempio le commedie: Il pittore in soffitta, o Pulcinella e Sciosciammocca tormentati da venti centesimi; o operette fantastiche (La collana d'oro; La treccia dell'imperatore).

In primavera la compagnia partì in tournée per farsi conoscere a Milano, Torino e Livorno. Delle tre tappe la più significativa per Scarpetta fu quella nel capoluogo lombardo dove egli presentò al Teatro Milanese, diretto da Edoardo Ferravilla, un suo nuovo testo scritto appositamente, Nu milanese a Napole recitandolo con il capocomico, con gran divertimento da parte del pubblico e degli interpreti stessi (Eduardo Scarpetta, Cinquant'anni, cit., p. 155). L'incontro con Ferravilla risultò molto importante alla luce della svolta impressa di lì a poco da Scarpetta nel suo repertorio comico. L'autore-attore napoletano prese, infatti, in seria considerazione le potenzialità delle riduzioni in dialetto della drammaturgia straniera sulla base del successo conseguito dal Ferravilla nella sua città. La tournée proseguì, poi, verso Torino e infine Livorno dove si concluse in giugno, con lo scioglimento della compagnia a causa dei debiti accumulati dall'impresa.

Tornato a Napoli, nell'estate del 1880, trovò i finanziatori per ristrutturare il Teatro San Carlino dove decise di stabilirsi ponendosi a capo di una scelta compagnia di attori in grado di dare vita al suo repertorio innovativo. «Mentre il teatro italiano progrediva di giorno in giorno, il teatro dialettale restava stazionario» sentenziò Scarpetta nelle sue memorie (Ivi, p. 158) e condannò le consuetudini dello spettacolo partenopeo: lazzi pulcinelleschi stantii, sciatteria nella recitazione, scenografie logore e trasandate quanto i costumi. In realtà la tenuta della tradizione poteva ancora contare su complessi capeggiati da attori rinomati, a cominciare da Davide Petito, che aveva lasciato libero il San Carlino nella primavera precedente per andarsene a sua volta in tournée e che poi, al ritorno, si sarebbe installato al Teatro Partenope, da dove avrebbe successivamente tenuto testa alle novità di Sciosciammocca erigendosi a campione della maschera di Pulcinella.

Deciso a rinnovare profondamente il teatro comico dialettale, ma conscio delle resistenze che avrebbe incontrato, Scarpetta si sforzò di adottare una strategia graduale per farsi accettare dal pubblico. Ecco perché volle investire proprio nel vecchio edificio del San Carlino, nonostante già si vociferasse che nel 1884 sarebbe stato abbattuto a causa delle previste ristrutturazioni del centro storico napoletano, denominate "Risanamento". Scarpetta ristrutturò il San Carlino innalzandolo al livello delle maggiori sale cittadine quanto a bellezza e comodità, illuminazione e macchinistica. L'edificio del San Carlino, infatti, era in sé un'insostituibile garanzia per legittimare il progetto riformatore di Scarpetta. Quanto a ciò le novità erano, in effetti, consistenti: nel repertorio scarpettiano fecero il loro preponderante ingresso le riduzioni in dialetto napoletano di vaudeville, operette e commedie francesi ad opera dello stesso capocomico. Alle riduzioni si affiancarono commedie originali (o del tutto nuove o recuperate dalla precedente fase sancarliniana di Scarpetta). Si calcola che su un totale di circa 142 opere scarpettiane, 62 siano riduzioni francesi (Ivana Guidi, La Napoli francese di Scarpetta, in «Drammaturgia», n.s. Traduzioni, tradizioni, tradimenti, n. 3, 1996, p.102). Ciò comportò la netta prevalenza dei personaggi borghesi su quelli popolari, in modo che la nuova classe in ascesa si rispecchiasse in espressioni linguistiche e comportamenti riconoscibili benché comicamente deformati. In tale quadro, la maschera tradizionale di Pulcinella risultava fuori contesto: fu gradualmente esiliata dalla commedia e confinata nella farsa finale fino a scomparire del tutto dal repertorio; all'attore che l'aveva impersonata, Cesare Teodoro, fu assegnato il ruolo di caratterista, per lo più nei panni del servo. Analogamente le altre maschere e i buffi tradizionali (Tartaglia, il Guappo, Don Asdrubale, il buffo barilotto...) furono riconvertiti nei nuovi ruoli del teatro scarpettiano: caratteristi, brillanti, promiscui. Come si può notare, il nuovo repertorio aveva implicato la profonda revisione della composizione tradizionale delle compagnie, con trasformazioni significative nel mansionario di ciascun attore.

Tutto ciò avvenne in rapporto alla scelta del nuovo ensemble attenta alla combinazione delle vecchie glorie del passato, come Pasquale De Angelis – che tuttavia non sopravvisse al giorno dell'inaugurazione del San Carlino – o come Cesare Teodoro (l'ultimo Pulcinella del San Carlino), o Adelaide Schiano, Adelaide Agolini, il tartaglia Michele Berardinelli con i nuovi interpreti sperimentati da Scarpetta come colleghi in altre formazioni (come Amalia De Crescenzo, servetta, che portò con sé il marito, Raffaele) o reclutati dopo averli visti recitare sui palcoscenici napoletani, come Gennaro Pantalena, ammirato nella parte di guappo. In compagnia incluse anche la sorella più piccola, Gilda. Questa compagine avrebbe dovuto essere espertissima nell'arte scenica, ma nello stesso tempo «docile» (E. Scarpetta, Cinquant’anni di palcoscenico, cit., p. 160) nel recepire le indicazioni del nuovo direttore, puntuale alle prove, appropriata nei gesti e nella mimica.

 
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