Primo cronista delle proprie vicissitudini artistiche fu lo Scarpetta stesso, autore di un'autobiografia redatta in tempi diversi della sua vita (Edoardo Scarpetta, Don Felice, memorie, Napoli, Fratelli Carluccio, 1883; Id., Dal San Carlino al Fiorentini, Napoli, il Pungolo Parlamentare, 1899 con prefazione di Benedetto Croce; Id., Cinquant'anni di palcoscenico, Napoli, Gennarelli, 1922 con nuova prefazione di Benedetto Croce. Quest'ultima edizione è stata più volte ristampata. Il bel film di Mario Martone intitolato Qui rido io (2021), interpretato da Toni Servillo nel ruolo di Eduardo Scarpetta, è indicativo della buona resa artistica della vicenda biografica del personaggio anche nell'immaginario contemporaneo). All'autobiografia attese fino agli ultimi anni con l'intenzione di proporre al lettore una vittoriosa immagine di sé sulle difficoltà iniziali, sulle molte insidie disseminate sul percorso del suo capocomicato, sui nemici del teatro dialettale d'arte. Molte delle sue affermazioni sono da rivedere e correggere, ma resta il fatto che Cinquant'anni di palcoscenico (da collazionare comunque con le due edizioni precedenti) costituiscono una preziosissima fonte non soltanto riguardo alla vita e all'opera di Scarpetta ma più complessivamente in relazione al suo particolare modo di pensare e vivere il teatro in una fase di trasformazione quale fu quella fra Otto e Novecento.
Quanto alle cautele dell'odierno lettore si pensi paradossalmente ad una delle primarie questioni su cui l’attestazione dell’autobiografia risulta approssimativa: il numero complessivo delle opere teatrali composte da Scarpetta tra commedie originali e ridotte dal francese. Nel capitolo delle memorie intitolato Pel teatro dialettale, ad esempio, rispondendo polemicamente a Roberto Bracco, Scarpetta evidenziava la sua «qualità di autore» e dichiarava «i miei 70 lavori teatrali fra commedie originali e riduzioni» (E. Scarpetta, Cinquant'anni di palcoscenico, Napoli, Gennarelli, 1922, qui citato nella ristampa, Napoli, Pagano, 2002, p. 249). Il numero dichiarato era di poco inferiore a quello riferito da Aniello Costagliola in Napoli che se ne va (Napoli, Giannini, 1918, pp. 83-84): settantadue commedie. Tale sarebbe stato il corpus drammaturgico ceduto da Scarpetta, nel 1911, all'impresario del Teatro Nuovo di Napoli.
Nel 1961, Vittorio Viviani, curando la voce Eduardo Scarpetta per l'Enciclopedia dello Spettacolo pubblicò il catalogo delle opere scarpettiane in suo possesso che comprendeva centodiciotto titoli. Data la notevole discrepanza tra le notizie dell'autobiografia e la nuova attestazione vivianesca, si pose con evidenza il problema di un censimento sistematico delle opere scarpettiane.
Nel 1996, Ivana Guidi, nel saggio pubblicato su «Drammaturgia» intitolato La Napoli francese di Scarpetta («Drammaturgia», n.s. Traduzioni, tradizioni, tradimenti, n. 3, 1996, pp. 102-113) compì tal genere di censimento facendo salire ulteriormente il conteggio dei titoli scarpettiani fino a 142 basandosi sui cataloghi e sulle opere in possesso della famiglia Scarpetta. La Guidi, avvisava, peraltro, che lo spoglio della stampa dell'epoca da lei effettuato evidenziava una serie di titoli che non trovavano riscontro nelle collezioni di famiglia e pertanto il numero delle opere scarpettiane sarebbe potuto salire ulteriormente.
Tale avviso trovò conferma nell'Elenco dei titoli e dei copioni di (o attribuiti a) Eduardo Scarpetta pubblicato nel saggio di Antonio Pizzo, Scarpetta e Sciosciammocca: nascita di un buffo (Roma, Bulzoni, 2009) dove il numero dei titoli scarpettiani ascendeva a 166. Anche questo elenco si basò sulle collezioni della famiglia Scarpetta (a Roma e a Napoli), De Filippo, del fondo Viviani (presso gli eredi Longone) e delle raccolte presso la Biblioteca Nazionale di Napoli (Fondo Lucchesi Palli) e della Biblioteca il Burcardo di Roma. Nonostante gli evidenti progressi recentemente compiuti, la questione del censimento del corpus scarpettiano sembra tuttavia essere ancora lontana dalla conclusione. La maggior parte dei testi autografi sono in possesso della famiglia Scarpetta, ma molti sono i copioni apografi non solo conservati presso la famiglia ma presenti anche in altri fondi privati e pubblici. Tale situazione mostra l'urgenza della sistemazione filologica delle opere dell'autore-attore napoletano.
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