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«Archivio Multimediale degli Attori Italiani», Firenze, Firenze  University Press, 2012.
eISBN: 978-88-6655-234-5
© Firenze University Press 2012

Attore > teatro
NomeEduardo
CognomeScarpetta
Data/luogo nascita13 marzo 1853 Napoli
Data/luogo morte29 novembre 1925 Napoli
Nome/i d'arte
Altri nomi
  
AutoreIsabella Innamorati (data inserimento: 06/09/2012; data aggiornamento: 15/05/2023)
Eduardo Scarpetta
 

Sintesi | Famiglia| Formazione| Interpretazioni/Stile| Scritti/Opere| Testo completo

 

Biografia

L'inaugurazione del San Carlino ebbe luogo il 1 settembre 1880 con la stessa commedia con cui Scarpetta aveva inaugurato il Teatro delle Varietà l'anno precedente, quasi come in una cerimonia di saluto e riconoscimento alla città. Ma già il 7 settembre Scarpetta presentò la prima commedia riformata, intitolata Tetillo, in tre atti, riduzione di Bebé di Hennequin e de Najac. Fu bene accolto, ma il pieno consenso giunse dopo due mesi, con Mettiteve a fa l'ammore co mme, un'altra riduzione, questa volta dal testo italiano di Giovanni Salvestri, il commediografo livornese conosciuto durante il soggiorno milanese. Dopo una serie originale di farse e parodie di attualità alla vecchia maniera ('O Pescecane) un'altra riduzione: Duje marite 'mbrugliune, da Les dominos roses di Belacour e Hennequin, riscuotendo anche qui un buon esito. Ma il vero clamoroso trionfo fu colto nel nuovo anno, con un'altra riduzione: 'O scarfalietto da La Boule di Meilhac e Halévy, in prima il 15 gennaio 1881 e replicata per ben ottanta giornate consecutive.

Il successo dello Scarfalietto provocò la prima ondata di polemiche contro Scarpetta, cominciata sulle tavole del palcoscenico del Teatro Partenope, passata sulle pagine dei giornali e conclusa, ciclicamente, a teatro sul palcoscenico del San Carlino. Davide Petito recitò il 25 gennaio 1881 la commedia intitolata: Una mazziata morale fatta da Pulcinella a Don Felice Sciosciammocca ovvero L'Apoteosi della maschera nazionale, scritta per l'occasione da Domenico Jaccarino, autocandidatosi quale difensore delle glorie "nazionali", ossia napoletane. Invitato ad esprimersi, Michele Uda, celebre firma del «Pungolo», sottolineò l'innegabile rinascita del San Carlino grazie alla direzione di Scarpetta (nel frattempo diventato anche impresario) e al nuovo repertorio riformato. La «farsa-allegoria» pulcinellesca era stata acclamata dal pubblico del quartiere popolare di Foria, ma era «scipita e sconclusionata, infarcita di tirate comico-sentimentali» contro un attore che aveva il merito di aver creato un teatro che «Non è ancora il teatro napolitano ma una preparazione ad esso» (Ivi, p. 170). Federico Verdinois, dalle pagine del «Corriere del mattino» concordava sull'inconsistenza della farsa jaccariniana, «manifestazione sciaguratissima di arte codina» e sul fatto che la maschera di Pulcinella fosse ormai morta. Dissentiva, invece, sul fatto che le pièces di Scarpetta fossero «commedia popolare», giacché i personaggi del nuovo San Carlino non erano popolari, ma borghesi, erano attinti da modelli stranieri, mentre il teatro popolare doveva fondarsi su basi patrie, come succedeva nelle commedie di Angelo Moro Lin o anche nelle più belle e antiche commedie del San Carlino (Ivi, pp. 174-175). Nelle more del dibattito giornalistico Scarpetta organizzò, per tutta risposta, al San Carlino, una rappresentazione speciale con lo scopo di avvalorare il proprio repertorio mettendo in scena, uno dopo l'altro a confronto, Nu surdato 'mbriaco dinto a lu vascio de la sié Stella di Filippo Cammarano seguito da Duje marite 'mbrugliune, una sua riduzione da Les Dominos roses.

Il confronto sancì la decisa superiorità della sua riduzione e con tale trionfo la polemica si chiuse temporaneamente. Per Scarpetta l'episodio giornalistico era servito a sottolineare pubblicamente la validità del percorso intrapreso, tant'è che a partire da questo momento il numero delle riduzioni in programma cominciò a pareggiare (1881) e poi superare (1882) quello delle commedie o farse originali.

Rinfrancato dai successi e dai riconoscimenti ufficiali (nel 1883 gli fu persino attribuita l'onoreficenza del Cavalierato d'Italia per meriti d'artista e commediografo) Scarpetta cominciò ad ampliare il raggio delle proprie escursioni teatrali al fine di farsi conoscere con la propria compagnia, programmando corsi di recite presso le maggiori città italiane: nell'estate dell'84, ad esempio, va a Milano, al teatro Manzoni e a Roma al teatro Apollo; nell'85 è a Palermo, al teatro Bellini.

Ma, proprio all'inizio del 1886, il 16 gennaio, tre dei suoi migliori attori pubblicarono sul «Pungolo» la notizia di essersi dissociati dalla compagnia di Eduardo Scarpetta (la trascrizione degli articoli de «Il Pungolo» di argomento scarpettiano è pubblicata in: Tiziana Paladini, Eduardo in giacca e cravatta, Napoli, Luca Torre, pp. 95-168; p.139). Erano: Amalia De Crescenzo, Raffaele De Crescenzo e Gennaro Pantalena. Fu il primo importante segnale di un profondo dissenso tra Scarpetta e questi inquieti artisti, attratti dalla possibilità di sperimentare una drammaturgia di ambientazione popolare, ma pensosa e artisticamente impegnata, quanto impossibilitati a mobilitare attorno a sé le risorse necessarie alla loro impresa. Di qui il loro frequente tornare a Canossa, da Scarpetta, per poi dissociarsene di nuovo alla prima occasione. «Fisime di capo comico» (E. Scarpetta, Cinquant’anni di palcoscenico, cit., p. 221) le definì (riduttivamente) Scarpetta, con l'evidente intento di separare gli attori dal fronte unito degli autori-letterati del Teatro dialettale d'Arte decisamente antiscarpettiano. Ciò spiega la ragione per cui Scarpetta molto pazientò riguardo alle reiterate sortite dalla sua compagnia, poiché ogni separazione comportava notevoli ripercussioni all'interno dell'organico così attentamente calibrato sul repertorio.

 
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