Nel biennio 1914-1915 si dedicò con grande slancio alla nuova arte del cinematografo girando per la casa di produzione Musical Film di Renzo Sonzogno ben cinque film tratti da suoi lavori teatrali: Miseria e nobiltà (1914); La nutrice (1914); Un antico caffè napoletano (1914); Tre pecore viziose (1914-1915), Lo scaldaletto (1915). Di incerta datazione il monologo intitolato Il Cinematografo e il teatro, (Edoardo Scarpetta, Il Cinematografo e il teatro, in Id., Tutto il teatro, Introduzione e premesse ai testi di Romualdo Marrone, Roma, Newton Compton, 1992, vol.5, pp. 489-494) in cui Scarpetta sostenne le ragioni del cinematografo perché in esso la parola vi era abolita: «La parola, come vedete, non è poi del tutto indispensabile. Anzi è spesso, dannosa». Una frase da interpretare come un rinvio ulteriore alla sua intensa polemica contro i drammaturghi-letterati del teatro dialettale d'Arte. È anche vero che il monologo condannò l'ingordigia delle case di produzioni richiamandosi all'infelice conclusione dell'esperienza filmica che fu, ancora una volta, legale. Non soltanto i film non ebbero buona accoglienza, ma la casa produttrice fallì, lasciando quindi insoluti gli impegni con Scarpetta. Insoddisfatto per proprio conto del risultato artistico raggiunto, Scarpetta ricomprò tutte le copie uscite sul mercato nell'intento di non lasciare traccia del suo esperimento col cinema. I suoi cinque film, infatti, risultano a tutt'oggi irreperibili (cfr. Pionieri del cinema napoletano. Le sceneggiature di Vincenzo e i film perduti di Eduardo Scarpetta, a cura di Pasquale Iaccio e Maria Beatrice Cozzi Scarpetta, Napoli, Liguori, 2016).
Eduardo Scarpetta morì a Napoli, il 29 novembre del 1925, ed ebbe sontuose cerimonie funebri. Eduardo De Filippo si occupò approfonditamente dell'arte di Scarpetta in tempi e modi differenti. Volle evidenziare – alla luce di un'eredità professionale accolta e del rilievo nazionale raggiunto dal teatro napoletano – il magistero teatrale scarpettiano nei confronti degli attori: «i teatranti cominciavano ad acquisire una coscienza professionale, che, giammai prima d'allora, si erano sognati di possedere. Quale fu la sua semina?» (E. De Filippo, Prefazione a M. Mangini, Eduardo Scarpetta e il suo tempo, Napoli, Montanino, 1961, p. 10).
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