Virginia Ramponi, come riportato dal suo oroscopo, nasce il 1 gennaio 1583, probabilmente a Milano. Nonostante in una supplica del 1610 indirizzata al senato genovese sia definita «cittadina originaria di questa città» (Supplica dei comici Fedeli al senato di Genova, autunno 1610, in Achille Neri, Fra i comici dell’Arte, in «Rivista Teatrale Italiana», VI, 1906, vol. IX p. 106), e in un sonetto di Leone Sempronio da Urbino sia lodata come una «delle gran Dee Toscane» (Giovanni Leone Sempronio da Urbino, Selva poetica, Bologna, Ferroni, 1633, p. 198), le probabili origini lombarde sono confermate, oltre che dai repertori biografici di Francesco Saverio Bartoli e Luigi Rasi, dall’introduzione al poema sacro di Giovan Battista Andreini La Tecla Vergine e Martire, in cui Lelio la definisce appunto «milanese» (Venezia, Guerigli, 1623). L’affermazione della supplica, che la vorrebbe genovese, potrebbe essere una falsificazione architettata dai comici per ottenere licenza di recitare in quella città, mentre il sonetto allude senz’altro alle origini del marito e alle lunghe permanenze della coppia in Toscana.
Non possediamo notizie su Virginia Ramponi prima del 1600, anno in cui appena diciassettenne sposa Giovan Battista Andreini. Da questo momento, oltre a entrare di fatto nella più gloriosa e celebrata famiglia d’arte del tempo, l’attrice assieme al marito, con cui divide tutta la carriera, è la diretta continuatrice delle esperienze e delle strategie artistiche ed economiche degli illustri suoceri Francesco e Isabella. La compagnia dei comici Fedeli, sotto il cui vessillo si consuma l’intera parabola artistica di Lelio e Florinda, si candida da subito a raccogliere l’eredità dei Gelosi. Non a caso le notizie sui due comici iniziano a farsi frequenti soltanto dal 1604, anno della morte di Isabella, del ritiro dalle scene di Francesco e del conseguente scioglimento dei Gelosi: una sorta di simbolico passaggio di testimone che lo stesso Giovan Battista Andreini sottolinea con forza nelle pagine del dialogo La saggia egiziana: «ond’hoggi ancora il mondo/ risuona de Gelosi il nome eterno,/ che fra palme, e honor spiegaro e l’aura/ Virtuoso vesil cui seguon lieti/ (Emuli professor) quei, che Fedeli/ Comici appella l’uno, e l’altro polo» (Giovan Battista Andreini, La saggia egiziana, Firenze, Timan, 1604, p. 33).
L’ipotesi avanzata da Bartoli secondo cui è lo stesso Giovan Battista, tra la fine del XVI secolo e l’inizio del XVII, a creare la compagnia dei Fedeli, risulta assai improbabile. I nomi di Virginia Ramponi e di Giovan Battista Andreini non compaiono infatti in una supplica del 1601 indirizzata alla città di Genova e firmata da «una nuova compagnia cognominata li Fedeli» (Supplica dei comici Fedeli alla città di Genova, maggio 1601, in Achille Neri, Fra i comici dell’Arte, cit., p. 98). Più logico pensare a un ingresso successivo e a una conquista sul campo, proprio in virtù del loro illustre cognome, del ruolo di capocomici.
Sempre secondo Bartoli Virginia Ramponi fu introdotta nel mondo dei comici dal marito, che ne curò l’apprendistato e la aiutò a specializzarsi nel ruolo di prima innamorata. In realtà i documenti sembrano attestare l’esatto contrario. Le tappe iniziali dell’ascesa degli Andreini sono infatti segnate soprattutto dai clamorosi successi personali dell’attrice, che nel giro di pochi anni riesce a imporsi come prima donna assoluta delle scene italiane scalzando colleghe più esperte e mature. La stessa compagnia dei Fedeli è più volte detta «compagnia della Florinda» anziché di Lelio. Sin dalle sue prime apparizioni sulla scena, Virginia possiede già un campionario di competenze artistiche così maturo e variegato da poter far presupporre un apprendistato autonomo e anche precedente all’incontro con Giovan Battista.
Nel 1604 probabilmente recita a Firenze una tragedia letteraria composta dal marito per l’Accademia degli Spensierati: La Florinda, nome d’arte di cui si fregerà poi per tutta la vita. Anche se non è certa l’interpretazione della tragedia di Lelio, in quello stesso anno Virginia ha senz’altro modo di mostrare le proprie virtù d’attrice agli Spensierati. Il successo è tale che sempre nel 1604 la stessa Accademia dà alle stampe il libretto Rime in Lode della Signora Virginia Ramponi Andreini Comica Fedele detta Florinda, prima di una lunga serie di corone di lodi poetiche in suo onore, mentre il celebre pittore Cristofano Allori, tra i principali animatori dell’Accademia, dedica all’attrice un ritratto, purtroppo perduto. Anche in virtù di questi successi, l’anno seguente Lelio e Florinda, assieme a tutta la troupe dei Fedeli, entrano nella formazione più prestigiosa e accreditata del tempo: la compagnia del duca di Mantova diretta da Pier Maria Cecchini e dalla moglie Orsola Posmoni.