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«Archivio Multimediale degli Attori Italiani», Firenze, Firenze  University Press, 2012.
eISBN: 978-88-6655-234-5
© Firenze University Press 2012

Attore > teatro, opera
NomeVirginia
CognomeRamponi
Data/luogo nascita01 gennaio 1583 Milano?
Data/luogo morteante 17 settembre 1631
Nome/i d'arteFlorinda
Altri nomiAndreini
  
AutoreRiccardo Lestini (data inserimento: 09/03/2009)
Virginia Ramponi
 

Sintesi | Biografia| Famiglia| Formazione| Scritti/Opere| Testo completo

 

Interpretazioni/Stile

Il ruolo tradizionalmente attribuito a Virginia Ramponi è quello dell’innamorata, recitato in italiano colto e senza maschera. Ma nel caso di Florinda appare più che altro una definizione di comodo: l’attrice, aiutata dalla più complessa e matura drammaturgia del marito ma soprattutto dal suo straordinario talento e dall’imponente e variegato campionario di competenze artistiche in suo possesso, andò al di là di qualsiasi convenzione e stereotipo imposti dal ruolo, finendo per primeggiare in qualsiasi genere teatrale e performativo, dalla recitazione al canto, dalla commedia improvvisa a quella regolare, dalla tragedia alla pastorale, dalla performance solitaria all’opera in musica. Proprio questa complessa molteplicità di registri interpretativi sembra essere la caratteristica più importante della recitazione di Virginia, nonché la ragione principale del suo travolgente e precoce successo presso i contemporanei, tale da scalzare in pochissimo tempo la concorrenza di più esperte e mature colleghe, come Orsola Posmoni e Margherita Luciani.

In particolare lo scarto qualitativo tra la Ramponi e le altre primedonne del tempo sembra segnato dalle qualità canore e musicali di Florinda, alla base del successo dell’attrice soprattutto nei primi anni di carriera. Dopo aver allietato la casa del conte di Fuentes «con cantare et sonare» (Lelio Belloni ad Annibale Chieppio in Mantova, Milano 25 settembre 1606, Mantova, Archivio di Stato, Gonzaga, b. 1730, 1 c.n.n.), Virginia consegna definitivamente il proprio talento al mito grazie ad un’altra performance canora, la celeberrima intepretazione dell’Arianna di Rinuccini e Monteverdi nel corso delle feste mantovane nella primavera del 1608. Stando alle cronache del tempo, il momento più alto dell’atto unico monteverdiano fu l’assolo della scena settima, dove l’attrice cantò lo strazio di Arianna abbandonata da Teseo con un’intensità tale da «far piangere molti la sua disgrazia» (Annibale Roncaglia a Cesare d’Este in Modena, Mantova 29 maggio 1608, Modena, Archivio di Stato, Estense, Ambasciatori, Mantova, b. 8, fasc. 6, c. 4rv, in Claudia Burattelli, Spettacoli di corte a Mantova tra Cinque e Seicento, Firenze, Le Lettere, 1999, pp. 44-45). Il successo fu così clamoroso che ben presto il lamento della donna abbandonata, così come era stata la pazzia per la suocera Isabella, divenne un vero e proprio cavallo di battaglia di Florinda, riproposto in svariate occasioni e con registri sempre nuovi soprattutto all’interno delle opere del marito.

Proprio grazie alla drammaturgia di Giovan Battista Andreini, dove una maggiore consapevolezza del mestiere comico assottiglia la distanza tra la messa in scena e la stampa, risulta in parte più agevole il tentativo di ricostruire lo stile interpretativo di Virginia. Altri indizi sono rintracciabili in alcune preziose fonti iconografiche, prime fra tutte le splendide tele del pittore mantovano Domenico Fetti, che molto probabilmente in più di un’occasione usò Virginia Ramponi come modella per i suoi ritratti. È possibile ipotizzare che la figura femminile del quadro Arianna e Bacco nell’isola di Nasso, databile tra il 1611 e il 1613 e commissionato al Fetti dal grande protettore degli Andreini Ferdinando Gonzaga, abbia proprio le fattezze di Florinda, anche e soprattutto in virtù della fortunata interpretazione della commedia musicale di Monteverdi. La disposizione e l’atteggiamento dei personaggi del dipinto è assolutamente teatrale, Arianna è in procinto di poggiare il piede sulla spiaggia di Nasso, la mano destra è protesa verso l’alto in segno di redenzione: Domenico Fetti sembra fissare sulla tela il momento esatto della rigenerazione di Arianna-Florinda. La donna dopo aver vissuto l’inferno dell’abbandono e della solitudine gridando «Misera! ancor do loco/ a la tradita speme, e non si spegne,/ fra tanto scherno ancor, d'amore il foco?/ Spegni to, Morte, omai le fiamme indegne.», dopo aver attraversato il purgatorio della penitenza invocando disperata «O madre, o padre, o de l'antico regno/ superbi alberghi,/ ov'ebbi d'or la cuna,/ o servi, o fifi amici (ahi Fato indegno!),/ mirate ove m'ha scorto empia fortuna!/ Mirate di che dual m'han fatto erede/ l'amor mio, la mia fede, e l'altrui inganno./ Così va chi troppo ama e troppo crede» (Claudio Monteverdi, Arianna, Venezia, Imberti, 1622), è pronta per ritrovare il paradiso e ascendere al cielo.

Gli stessi lineamenti della donna dipinta dal Fetti, quella «lunga chioma bionda che fa da piacevole contrasto alla sua carnagione chiara» e quegli «occhi intensi, un po’ esoftalmici» (Siro Ferrone, Arlecchino. Vita e avventure di Tristano Martinelli attore, Roma-Bari, Laterza, 2007, p. 170), sembrano riprodurre il fascino e la bellezza di Virginia Ramponi, più volte celebrati nei versi dei poeti del tempo: «Le chiome, gl’occhi, e i labri,/ Son oro, stelle e rose,/ Ch’in voi (donna gentil) Natura pose» (Don Venanzio Galvagni, Madrigale per Virginia Ramponi, in Luigi Rasi, I comici italiani, Firenze, Bocca, 1897-1905, vol. I, p. 145). La parabola di Arianna, «da regina fatta povera, sul punto di ritrovare con Bacco l’empito che la innalza di nuovo al cielo» (Siro Ferrone, Attori mercanti corsari, Torino, Einaudi, 1993, p. 244), ricalca perfettamente la nuova immagine dell’attrice professionista voluta e perseguita dalla strategia promozionale degli Andreini, inaugurata da Isabella e proseguita e perfezionata da Virginia: dall’inferno della strada ai cieli del mito e della più alta cultura. Un continuo percorso di redenzione riproposto ciclicamente nelle più celebri interpretazioni dell’attrice.

Oltre alla straordinaria varietà di competenze tecniche, la doppiezza è l’altra particolarità del registro recitativo di Virginia: attrice seducente e moglie virtuosa, peccatrice e martire, miserabile e regina, prostituta e santa. Proprio il tema del doppio risulta il perno centrale delle opere di Giovan Battista Andreini, di cui spesso Florinda è protagonista assoluta. Spesso l’intero impianto drammaturgico sembra essere costruito apposta per esaltare le molteplici doti della prima donna, su cui finisce per reggersi tutto l’intreccio. Il gioco scenico de La Turca, prima commedia data alle stampe da Andreini, ruota tutto attorno al doppio ruolo dei gemelli Candida e Nebì interpretato dalla Ramponi, impegnata in una virtuosistica giravolta di travestimenti e cambi di identità.

 
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Progettazione tecnica a cura di