La preparazione della tournée subisce ulteriori complicazioni. Oltre che dalle rivalità tra i comici, le trattative sono rallentate anche e soprattutto da questioni diplomatiche e politiche. Il duca Vincenzo è assolutamente contrario all’invio di comici in Francia, e nella già menzionata lettera del 22 gennaio, oltre ad accusare Tristano Martinelli di muoversi esclusivamente per interesse personale, sostiene perentoriamente che «il metter insieme, et mandar costì una buona Compagnia de Comici in questo tempo, et in questa disunione di Florinda e di Flaminia, l’ho per impossibile» (ibidem). La morte del duca, sopraggiunta il 12 febbraio del 1612, interrompe definitivamente la trattativa e i festeggiamenti per il doppio fidanzamento si svolgono senza i comici italiani. Ma l’ostinazione di Maria de' Medici costringe Arlecchino a ricominciare daccapo nell’impresa di creare una troupe da condurre in Francia. Le trattative durano praticamente tutto l’anno, e la consueta stagione teatrale dei Fedeli, a Ferrara per il carnevale (dove Lelio e Florinda duettano nel Prologo in dialogo tra Momo e la Verità), a Milano da giugno a settembre e a Firenze da ottobre a dicembre, si intreccia con difficoltà e dissapori sempre crescenti. Consapevole del proprio prestigio e restia all’idea di lavorare sotto la direzione di Martinelli, Virginia Ramponi cerca di sottrargli il comando della troupe. Già nel dicembre del 1611 l’attrice aveva scritto a Ferdinando Gonzaga: «faccia Sua Signoria Illustrissima quello che di me più le aggrada, ma avverta (per grazia) due cose: l’una che il carico di far compagnia lo debba avere io e mio marito, per non perdere l’ordine che in queste parti habbiamo di farle, come al presente io ho la meglio compagnia che reciti, dov’è pur Arlecchino; perché l’haver Arlecchino mendicata l’autorità di far lui la compagnia non piace ad alcuno, et quando lui far la dovesse, alcun comico seco non andrebbe, sapendo ch’è troppo interessato» (Virginia Ramponi a Ferdinando Gonzaga in Parigi, Bologna 14 dicembre 1611, Mantova, Archivio di Stato, Autografi, b. 10, c. 60r, in Alessandro D’Ancona, Lettere di comici italiani del secolo XVII, Pisa, Nistri, 1893, pp. 11-12).
Ma le pretese di Florinda non si limitano a questo. L’attrice da qualche tempo aveva rinunciato all’esclusiva del ruolo di prima innamorata alternandosi nella parte con la più anziana Margherita Luciani, in arte Flavia, moglie del Capitano Rinoceronte Girolamo Garavini e amante del potente medico di corte Francesco Bruschi. Davanti alla rinnovata prospettiva di andare a Parigi, Virginia Ramponi è determinata a rompere il patto e a riprendersi il proprio privilegio. Flavia a sua volta non accetta il declassamento e, forte dell’influente protezione del Bruschi, si rifiuta di partire. Per uscire dall’impasse Arlecchino chiede l’intervento di Ferdinando Gonzaga, il quale richiama Florinda ai suoi obblighi. Disposta a tutto pur di andare in Francia, Virginia finisce per accettare ogni condizione, dalla condivisione del ruolo con Flavia alla direzione del Martinelli, scrivendo prontamente a Ferdinando Gonzaga e a Maria dei Medici un’abile e calcolata lettera di prostrazione: «Risolvo di andare, poiché le parole sue mi sollecitano al cammino» (Virginia Ramponi a Ferdinando Gonzaga in Roma, Milano 15 agosto 1612, Mantova, Archivio di Stato, Autografi, b. 10, c. 62rv, in Armand Baschet, Les comédiens italiens à la cour de France sous Charles IX, Henry III, Henry IV et Louis XIII, cit., p. 216).
Siamo alla metà di agosto, e problemi logistici costringono a rimandare ancora la partenza. Per di più, durante tutta l’estate Maria dei Medici, evidentemente ignara dei conflitti tra le compagnie italiane, continua a chiedere al Martinelli una truppa che includa tutte e tre le primedonne, Florinda, Flavia e Flaminia. La compagnia ducale, guidata da Tristano Martinelli, riesce a partire per la Francia soltanto nell’estate del 1613. Oltre a Lelio, Florinda e Arlecchino, fanno parte della spedizione Federico e Benedetto Ricci, Girolamo Garavini, Margherita Luciani, Bartolomeo Bongiovanni, Giovanni Pellesini, Lorenzo Nettuni, Virginia Rotari e una non meglio identificata Ricciolina. Molto probabilmente alla truppa si aggrega anche Francesco Andreini, onnipresente regista dietro le quinte e consigliere della carriera di Virginia e Giovan Battista.
Dopo una sosta a Torino e a Chambery, i comici arrivano a Lione a fine agosto, per poi raggiungere Parigi i primi di settembre. La compagnia fa il suo esordio nella capitale il 10 settembre, recitando nella piccola sala del Louvre per un ristretto numero di cortigiani. La qualità delle recite è tutt’altro che esaltante se il 15 settembre, dopo aver assistito alla messinscena della commedia di Giovan Battista Andreini Li duo Leli simili, Malherbe commenta: «Non so se fosse andato a male il condimento o il mio gusto, ma me ne sono andato con l’unica soddisfazione dell’onore fattomi dalla regina di avermi invitato: a Dio piacendo, vedremo più avanti e valuteremo con più agio» (François de Malherbe a Nicolas-Claude Fabri de Peiresc, Parigi 15 settembre 1613, in François de Malherbe, Oevres, Paris, Gallimard, 1971, pp. 581-582). Le rivalità, la mancanza di amalgama e affiatamento tra i comici finiscono per incidere inevitabilmente sul rendimento. Limiti di cui gli stessi comici sembrano essere consapevoli, dal momento che proprio Martinelli afferma che «la compagnia è piaciutissima contra a ogni ragione, ma perché sono afamati di comedie ogni cosa è buona» (Tristano Martinelli ad Alessandro Striggi in Mantova, Fontainebleu 4 ottobre 1613, Mantova, Archivio di Stato, Autografi, b. 10, c. 185rv, in Comici dell’Arte. Corrispondenze, cit., pp. 396-397). Il 16 settembre gli italiani raggiungono la corte a Fontainebleu, dove si trattengono fino al 21 novembre dando almeno trentanove rappresentazioni. Dal 24 novembre, rientrata a Parigi, la compagnia inizia la stagione invernale all’Hotel de Bourgogne, per cui lo stesso Arlecchino ha stipulato un contratto d’affitto con i potentissimi Confrères de la Passion fino a tutto il mese di marzo. Nonostante i risultati artistici al di sotto delle aspettative, la tournée francese risulta prodiga di successi personali, in particolare per Martinelli e per gli Andreini. Il primo, desiderato e corteggiato per anni dai regnanti, è ricoperto di denari, doni preziosi e onorificenze, mentre Lelio e Florinda, mese dopo mese, acquistano sempre maggior prestigio e credibilità presso la corte. Nell’aprile del 1614, con la compagnia trattenuta ancora a Parigi dall’ennesimo conflitto per il controllo del Monferrato, il prestigio di Lelio è almeno pari a quello di Arlecchino e il nuovo contratto per l’affitto dell’Hotel de Bourgogne, stipulato l’8 aprile, è intestato a entrambi.
La compagnia ducale lascia Parigi i primi di luglio. Sulla via del ritorno, tra luglio e settembre, Lelio e Florinda decidono di fermarsi nel sud della Francia, probabilmente a Lione e poi a Nancy presso la duchessa di Lorena. Martinelli, smanioso di tornare in Italia, abbandona la troupe: lo seguono Virginia Rotari, Girolamo Garavini e Bartolomeo Bongiovanni, mentre tutti gli altri restano con gli Andreini. Per Virginia e Giovan Battista è il coronamento di una strategia pazientemente perseguita: con l’abbandono spontaneo di Arlecchino diventano così capocomici assoluti sul campo. Il ruolo di padroni indiscussi delle scene italiane si consolida negli anni successivi, nel corso dei quali le loro tournées si susseguono senza sosta.
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