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Davanti alle accuse di Frittellino e degli altri compagni, che ad eccezione della Rotari sembrano tutti schierati dalla parte di Virginia, Lelio reagisce con la solita prepotenza: ammette francamente l’innamoramento per la Baldina, inevitabile e travolgente come uno «sforzo imperioso di stella», accusa i compagni di alimentare le tensioni con inutili pettegolezzi e liquida i patimenti della moglie, la quale da giorni ha aperto «le cateratte al pianto e la bocca agl’improperi», come «femminili leggerezze» (Giovan Battista Andreini a Ferdinando Gonzaga in Mantova, Milano 5 agosto 1620, Mantova, Archivio di Stato, Gonzaga, b. 1751, cc. 858r-861r, in Comici dell’Arte. Corrispondenze, cit., I, pp. 121-125). Ma le credenziali di cui gode Giovan Battista Andreini presso i Gonzaga sono inattaccabili, e la sua leadership non viene mai messa in discussione. Tensioni e recriminazioni si risolvono così in una serie di defezioni e sostituzioni dell’ultimo momento. I Cecchini, i più feroci osteggiatori della Rotari, con l’avallo del duca vengono licenziati in tronco intorno alla fine di settembre, e nello stesso periodo anche Aniello Testa rinuncia alla tournée. A sostituire due zanni e una seconda innamorata vengono chiamati un Pantalone, Benedetto Ricci, e uno zanni, Lorenzo Nettuni. La gestione dittatoriale di Lelio finisce per ridisegnare lo schema classico delle compagnie dell’arte adattandolo alle sue esigenze di drammaturgo, nonché ai suoi personali interessi: privarsi di Flaminia e non chiamare un’altra attrice al suo posto va ovviamente a rafforzare il ruolo della Rotari.
La compagnia parte finalmente per la Francia il 20 ottobre del 1620 e dopo una sosta a Torino in novembre, il 12 gennaio 1621 debutta a corte davanti a un entusiasta Luigi XIII. Nonostante i burrascosi antefatti, gli spettacoli riscuotono subito grande successo e ottimi guadagni. La stessa regina Anna scrive al duca di Mantova per esprimere la propria soddisfazione per il servizio reso dai comici: «Mon cousin, les Comédiens Italiens, que vous nous avez envoyez ici font si bien leur devoir, de donner du contentement au Roy Monseigneur et a moy» (Anna d’Asburgo a Ferdinando Gonzaga in Mantova, Parigi 6 marzo 1621, Mantova, Archivio di Stato, Gonzaga, b. 628, c. 292r). Ma in Francia spirano venti di guerra. A fine aprile la sollevazione delle province ugonotte spinge il sovrano a intraprendere una nuova campagna militare. La partenza del re priva gli italiani del principale committente e di conseguenza di una buona fetta di introiti. L’impaziente e ormai anziano Martinelli opta per un immediato rientro. Lelio è però di diverso avviso: il capocomico punta al contrario a prolungare il più possibile il soggiorno parigino, magari sfruttando proprio l’assenza dei reali per tessere una fitta rete di amicizie e protezioni tra i cortigiani più influenti. Nonostante i suoi metodi tirannici e dittatoriali, a differenza della precedente tournée francese gli attori stavolta sono tutti dalla parte di Andreini. I comici al completo sottoscrivono due lettere di Lelio indirizzate a Ferdinando Gonzaga per denunciare l’insubordinazione di Arlecchino e opporsi all’ingresso in compagnia di Silvio Fiorillo e del figlio Giovan Battista, caldeggiato dallo stesso Martinelli.
A luglio Arlecchino abbandona i compagni, che resteranno in Francia fino al carnevale dell’anno successivo. Lelio è ormai il padrone assoluto della troupe, mentre Florinda, che fino a questo momento aveva guidato la compagnia insieme al marito, provata dalla crisi coniugale, non più giovane e forse non più attraente come un tempo, sembra retrocessa in secondo piano. Il suo nome non figura nemmeno nella prima delle due lettere contro Arlecchino, e anche nel resto dell’epistolario del marito, da qui in avanti, la sua figura perde gradualmente l’importanza centrale e imprescindibile avuta finora in trattative, suppliche e richieste di protezione. Anche sul palco il suo ruolo di unica e indiscussa primadonna, nello scoperto gioco di specchi tra teatro e vita reale caro a Lelio, è destinato a essere diviso con la Rotari. Il repertorio francese di Virginia Ramponi, e del resto della compagnia, è in parte desumibile dalla drammaturgia di Giovan Battista Andreini, che nel corso del 1622 dà alle stampe a Parigi ben sei commedie, tutte edite presso Della Vigna: una sorta di consuntivo della lunga tournée il cui centro drammaturgico e tematico sembra essere sempre, più o meno scopertamente, il delicato mènage à trois.
Ne Li duo Lelii simili Florinda è amata da un Lelio puro e innocente: un altro Lelio, altrettanto incolpevole, che però tutti credono essere la stessa persona del primo, ama la giovane Lidia, interpretata ovviamente dalla Rotari. Con La Sultana Virginia Ramponi ha di nuovo l’occasione di sfoggiare tutto il suo più alto e celebre repertorio, dal canto al lamento della donna abbandonata: nell’occasione la rivale, con ogni probabilità interprete della cortigiana Tirenia, diventa sua alleata nella condanna dell’uomo amato da entrambe, reo confesso quale «infame puttaniero» (Giovan Battista Andreini, La Sultana, Parigi, Dalla Vigna, 1622, p. 51). L’alleanza sul palco delle due rivali nella vita diventa addirittura palese amore omosessuale nell’Amor nello specchio, mentre ne La Centaura la protagonista Florinda torna a dividere l’amore di Lelio con la giovane Lidia.
Declassata da protagonista a coprotagonista, l’ultimo decennio di attività della Ramponi si consuma nell’ombra del marito capocomico. L’alluvione di stampe, l’abile campagna pubblicitaria e il dominio incontrastato della compagnia, fruttano a Lelio il favore assoluto della corte di Francia: tornata in Italia dopo il carnevale del 1622, a dicembre la compagnia è di nuovo a Parigi. La tournée stavolta è di breve durata, e gli Andreini trascorrono tutta l’estate del 1623 a Venezia e nell’entroterra veneto. Con loro in compagnia sono senz’altro presenti Tristano Martinelli, Girolamo Garavini, Giovan Paolo Fabri, Giovanni Rivani, Girolamo Caffa e, ovviamente, Virginia Rotari. Sempre a Venezia, in giugno, Giovan Battista Andreini stampa Le due comedie in comedia, probabilmente rappresentata poco prima. Nello spettacolo Virginia Ramponi, interprete della matura innamorata Arminia, si esibisce ancora una volta in tutte le sue qualità musicali: è «maestra d’insegnar chitarra alla spagnuola», canta un’aria «a suo capriccio». E il canto più appassionato della commedia l’attrice lo riserva ovviamente al tema della gelosia e della donna abbandonata, disperandosi contro chi «leva l’amante e ‘l marito» (Giovan Battista Andreini, Le due comedie in comedia, in Commedie dell’Arte, a cura di Siro Ferrone, vol. II, pp. 17-105).
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